«In questo spettacolo si parla di mondi diversi, opposti, che trovano un punto di incontro. È un testo che parla di possibilità, di libertà, di mare, amore, solitudine, smarrimento, muri e che, a tratti, possiede anche fili di ironia. E si fa portavoce di una domanda forte: oggi, per una società che si appella del titolo di civile, ha ancora senso parlare di ergastolo?».
Queste le parole di Simone Schinocca, regista dello spettacolo “Fine pena: ora”, una corrispondenza lunga 34 anni tra un ergastolano e il giudice che l’ha condannato, in scena al Nest di via Bernardino Martirano a Napoli, il prossimo 20 e 21 aprile 2024.
Nella messa in scena il pubblico viene proiettato nella cella di Salvatore (interpretato da Salvatore D’Onofrio), ormai cinquantacinquenne che ha già scontato oltre trent’anni della sua pena e che sente di non riuscire più a sostenere una vita in carcere senza possibilità di uscita. Il suo sonno è tormentato dagli incubi, i demoni di un uomo condannato all’ergastolo, nella cui scheda, di fianco al suo nome, compare la scritta fine pena: mai. Come si può placare una condanna del genere?
Con delle lettere e un’amicizia inaspettata. Oltre alla messa in scena del libro, la drammaturgia dello spettacolo è frutto di una serie di interviste a Fassone, dove l’autore ha raccontato l’evoluzione della sua amicizia con Salvatore negli anni successivi la pubblicazione del libro. “Fine pena: ora” è una coproduzione Tedacà, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.