Corleone, inchino davanti alla casa della moglie del boss Riina: indaga la procura di Corleone

Corleone, inchino davanti alla casa della moglie del boss Riina: indaga la procura di Corleone
Sabato 4 Giugno 2016, 12:27 - Ultimo agg. 5 Giugno, 11:21
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La Procura di Termini Imerese (Palermo) ha disposto degli accertamenti sulla processione di San Giovanni di Corleone e il presunto 'inchinò che sarebbe stato fatto dalla confraternita davanti all'abitazione di Ninetta Bagarella, moglie del boss mafioso Totò Riina.

L'informativa è stata inviata dai Carabinieri di Corleone sia alla Procura di Termini Imerese, competente per territorio, sia alla Dda di Palermo. Ma finora non è stata aperta un'inchiesta. Del caso si occupa il pm di Termini Imerese, Giovanni Antoci. Anche la Dda è in possesso dell'informativa di Polizia e Carabinieri, ma al momento non è stato aperto un fascicolo. Un investigatore parla di «segnali di fatti più seri».

Sono due gli episodi più recenti di 'inchinì di cortei religiosi davanti a case di boss in Sicilia, e sono avvenuti entrambi del Catanese per 'omaggiarè capimafia detenuti. Il primo il 2 dicembre del 2015 a Paternò, con un doppio 'inchinò davanti alla casa di uno storico boss legato alla famiglia Santapaola. Due cerei che erano in processione per la festa della Patrona, Santa Barbara, si sono fermati davanti all'abitazione, non lontana dal Municipio. I portatori hanno eseguito a turno il classico 'dondolamentò simulando un inchino reverenziale davanti al figlio del detenuto, dal quale si sono congedati con il rituale bacio finale.

Tutto fu ripreso da telecamere dei carabinieri della compagnia di Paternò e l'indomani il questore di Catania, Marcello Cardona, 'fermò' i due autori del gesto. Il secondo episodio è avvenuto il 25 marzo scorso a San Michele di Ganzaria quando, durante la processione del Venerdì Santo, la bara con il Cristo Morto ha deviato il percorso previsto, con il forte dissenso di sindaco, parroco e del comandante della locale stazione dell'Arma. Poche decine di persone l'hanno seguita fino all'arrivo nello slargo dove c'è la casa dei familiari del boss Francesco La Rocca, e lì il fercolo è stato deposto sui cavalletti.

È scattato un applauso ed è rimasto fermo per mezz'ora, per poi ricongiungersi con la stragrande maggioranza dei fedeli che aspettava a 'vallè. Sulla relazione dei carabinieri, che hanno ripreso con l'accaduto, la Procura di Caltagirone ha indagato per turbativa dell'ordine pubblico 17 'portatorì. L'inchiesta è ancora aperta.

E su quanto avvenuto la Curia di Monreale rende noto che l'arcivescovo Michele Pennisi, «informato dell'accaduto appena qualche istante dopo, ha manifestato profondo rammarico e ferma condanna» e il primo giugno ha nominato una commissione d'indagine che si riunirà lunedì. Il parroco, don Domenico Mancuso, al quale è stata chiesta una relazione sui fatti, afferma che «il tragitto della processione è stato quello tradizionale», comunicato alle forze dell'ordine.

«La sosta, non concordata, c'è stata realmente ma non c'è stato alcun inchino del simulacro. È stata fatta nei pressi della casa dei Bagarella per qualche secondo, quasi costretti dalla necessità di non investire con la vara la gente che era davanti ad essa.
Tale sosta brevissima - aggiunge il sacerdote - e senza alcuna manifestazione di riverenza non mi risulta essere stata concordata tra i portatori e i Bagarella. Lì vicino ci sono diversi ammalati e anziani devoti del Santo ed è consuetudine fermarsi dinanzi agli infermi».
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