Svolta in Giappone: Fumio Kishida, leader del Partito liberal democratico, è stato eletto primo ministro. Prende il posto di Yoshihide Suga. Con il controllo di entrambe le camere da parte del suo partito, il 64enne Kishida ha ottenuto la maggioranza dei voti in Parlamento. Nelle prossime ore prevista la nomina del suo governo. In serata l'inaugurazione ufficiale al Palazzo presidenziale, dove terrà una conferenza stampa. Il 31 ottobre terrà le elezioni generali.
Giappone, scatta la corsa alla leadership dopo dimissioni Premier Suga
Chi è - A capo della diplomazia dal 2012 al 2017, il 29 settembre scorso Kishida ha vinto le elezioni primarie per la leadership dell'Ldp, il Partito liberaldemocratico, sostenuto dall'ala più conservatrice.
Come ministro degli Esteri nel governo Abe dal 2012 al 2017, Kishida ha contribuito a organizzare la storica visita del presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'Hiroshima Peace Memorial Park nel 2016. Altro importante risultato ottenuto come capo della diplomazia di Tokyo, il raggiungimento di un accordo con la Corea del Sud in cui il Giappone ha risarcito le «donne di conforto», termine per indicare le schiave sessuali dai soldati giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.
Ascoltare le persone - Kishida ha sempre difeso la politica del Giappone di rimanere fuori dal Trattato sulla proibizione delle armi nucleari citando la necessità di fare affidamento sulla deterrenza nucleare dell'alleato americano. Dopo che Kono lo sostituì come ministro degli Esteri, Kishida è stato per un breve periodo ministro della Difesa. «La mia abilità è ascoltare davvero le persone - aveva detto Kishida dopo che l'Lpd lo aveva scelto come leader - Sono determinato a impegnarmi con tutti per un Ldp aperto e un futuro brillante per il Giappone». Ha promesso di spendere miliardi di dollari per contribuire alla ripresa dell'economia, è stato più critico di altri nei confronti della strategia 'Abenomics', propone un «nuovo capitalismo», vuole ridurre le disparità tra ricchi e poveri. Sul fronte della politica estera è passato di recente a un tono più duro, da falco, e ha accusato Pechino di voler esportare «il suo sistema autoritario». Vuole rafforzare la difesa e, come i predecessori, sostiene la stretta alleanza di sicurezza con gli Usa.