Morto un misterioso leader se ne fa un altro, altrettanto misterioso: attraverso i suoi canali ufficiali l'Isis ha annunciato che il terzo Califfo del gruppo, Abu al-Hassan al-Hashimi al-Qurashi, nominato a marzo, è stato ucciso «in combattimento». Lo scettro è stato affidato a Abu Al-Hussein al-Husseini al-Qurashi, ora quarto leader dell'organizzazione.
Al-Qurashi, il leader dell'Isis ucciso «in combattimento»
Il titolo 'Qurashi' si riferisce al nome della tribù di Maometto: la discendenza dal profeta dell'Islam è rivendicata dai leader dell'Isis, a cominciare da Abu Bakr al Baghdadi, ucciso in un blitz americano in Siria nel 2019, mentre il successore, Abu Ibrahim al-Hashemi al-Qurashi, si è fatto esplodere lo scorso febbraio, anche lui in Siria, mentre era in corso un raid delle forze speciali Usa per catturarlo.
I dubbi delle intelligence
Nel frattempo però le intelligence di tutto il mondo erano costrette ad ammettere di non conoscere l'identità del Califfo: il principale sospettato era l'iracheno Bashar Khattab Ghazal al-Sumaidài, ma l'indice era puntato anche contro Jumàa Awwad Ibrahim al-Badri, fratello di Abu Bakr al-Baghdadi, e Abd al-Raouf al-Muhajir, che sarebbe il responsabile operativo delle varie branche a livello internazionale del gruppo. Si ritenne dunque che Ankara avesse sì effettuato un arresto di rilievo, ma non del leader bensì di al-Sumaidài. A calare il sipario sulla vicenda ci ha pensato lo stesso Erdogan lo scorso settembre, annunciando la cattura proprio di al-Sumaidài, indicato come «numero 3 dell'Isis», fermato mentre tentava di entrare nel Paese «con una parrucca e documenti falsi». L'Isis sembra comunque impermeabile di fronte ai cambiamenti di leadership, anche perché è diventata un'organizzazione con una struttura decentralizzata, in particolare in Siria e Iraq, dove potrebbe contare ancora su circa diecimila combattenti armati, fiancheggiati da migliaia di sostenitori. In questi due Paesi, secondo gli 007 occidentali, l'Isis sfrutta la presenza sul campo e le conflittualità delle formazioni armate che hanno contribuito alla sua sconfitta e che oggi si contendono il territorio. L'organizzazione potrebbe poi contare su un solido network che collega l'Afghanistan, la Somalia e l'area del lago Ciad. Da qui filtrerebbero i fondi per rifornire di armi i combattenti, in particolare in quel territorio afghano divenuto da tempo la nuova frontiera degli eredi di Baghdadi che sfidano apertamente i Talebani con una sequela di sanguinosi attentati e micidiali attacchi.