Tira una brutta aria sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky. È l’aria del dissenso per la conduzione della guerra, per com’è stata narrata ai cittadini ucraini e all’Occidente e per la gestione del potere in oltre 21 mesi di legge marziale. Le critiche arrivano anzitutto dai suoi avversari politici, sempre più vocali come fino a un anno fa non si poteva immaginare. Più sommessamente, arrivano anche da Oltreoceano, dove parte dell’establishment americano e dell’opinione pubblica è sempre più contraria a un sostegno indefinito all’Ucraina. C’è il sindaco di Kiev, l’ex pugile Vitali Klitschko, leader apprezzato per la guida della capitale in tempi difficili che ha tuonato: «La gente si chiede perché non fossimo meglio preparati a questa guerra. Perché Zelensky ha negato fino alla fine che si sarebbe arrivati a questo. C’erano troppe informazioni che non corrispondevano alla realtà. Naturalmente possiamo mentire al nostro popolo e ai nostri partner, ma non per sempre».
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Un disconoscimento dell’azione politica del presidente che i più vicini a Klitschko raccontano come maturato da tempo, ma che, si sa, in tempi di guerra è bene conservare per darne sfogo al momento opportuno, ovvero quando il consenso del Paese verso il capo e il supporto esterno iniziano a sfilacciarsi.
C’è poi l’ex consigliere dell’ufficio presidenziale Arestovych, che ha già annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni (rinviate a data da destinarsi) e che punta a battere Zelensky attraverso quel doloroso realismo che, a detta sua, l’attuale presidente non ha mai tenuto per tutta la durata di una controffensiva miseramente fallita, così ingannando un popolo che, ancora per più della metà, vuole combattere fino alla vittoria (60 per cento, in calo rispetto al 70 di un anno fa, secondo un sondaggio Gallup) senza averne i mezzi. Infine c’è il Capo di Stato Maggiore Valerij Zalužnyj con cui Zelensky è ai ferri corti sin dalla battaglia di Bakhmut. I due erano in netto disaccordo sulla difesa a oltranza di una città non militarmente strategica e che stava generando un numero di perdite assolutamente ingiustificato per Zalužnyj, ma su cui il presidente si era ormai esposto davanti al Congresso americano narrandola come una lotta che «cambierà la traiettoria della nostra guerra per l’indipendenza e la libertà».
DISSAPORI
Sappiamo tutti com’è andata a finire. Oggi i dissapori tra i due leader ucraini più popolari sono alla stelle. Al di là delle dichiarazioni, l’Occidente vuole sapere non se, ma quando la guerra in Ucraina finirà. A partire dagli Usa, in seria difficoltà nel gestire due conflitti contemporaneamente nell’anno elettorale. Sul come, qualche indizio arriva dall’ultima riunione dello Ukraine Defense Contact Group dell’ottobre scorso a Bruxelles in cui, secondo la stampa americana, le delegazioni statunitensi ed europee avrebbero iniziato a discutere con Zelensky di possibili «negoziati di pace» con Mosca. Discussioni che alla fine dell’anno o poco dopo potrebbero diventare sempre «più urgenti».