Roberti: «Sfida ancora aperta
per corruzione e mafie»

Roberti: «Sfida ancora aperta per corruzione e mafie»
di Barbara Landi
Sabato 24 Settembre 2016, 11:31
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«La legalità passa attraverso lo sviluppo di leggi efficaci. Aspettiamo con ansia le modifiche al codice antimafia, strumento indispensabile per individuare e aggredire i patrimoni mafiosi, e quelle della giustizia penale, al vaglio del parlamento. L’epoca delle riforme si è aperta, ma sarebbe auspicabile in tempi ragionevoli»: si esprime in questi termini il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, ospite all’università di Salerno durante il convegno su «Obiettivo legalità».
Contrasto alle mafie e amministrazione dei beni confiscati sono i due temi cardine lungo cui si snodano le relazioni degli esponenti delle procure e delle istituzioni impegnate nell’azione di repressione della criminalità organizzata. «Scuola e università devono essere in prima linea – spiega il rettore Aurelio Tommasetti – Quello dei beni confiscati è un tema di grande rilievo, che fa molta audience quando vengono sequestrati, meno quando non sono gestiti in modo adeguato». In cattedra anche il procuratore generale di Salerno, Leonida Primicerio, e Umberto Postiglione, direttore generale dell’agenzia per i beni sequestrati e confiscati. «È necessario offrire alle amministrazioni più strumenti per non sentirsi sole nella gestione dei beni. È questa la vera scommessa», evidenzia il prefetto Salvatore Malfi, paragonando lo Stato che confisca i patrimoni illeciti per restituirli al popolo ad un moderno Robin Hood.
«La corruzione percepita è vasta a Salerno come in tutto il paese – insiste il procuratore Roberti – In Italia sono stati fatti progressi enormi nelle azioni di contrasto, eppure la previsione del giudice Falcone, secondo cui le mafie hanno un inizio e una fine, sembra allontanarsi all’infinito, di fronte all’evoluzione delle organizzazioni criminali che sfruttano la vulnerabilità delle istituzioni pubbliche esposte alle infiltrazioni attraverso meccanismi corruttivi-collusivi, lo sviluppo delle tecnologie informatiche, la globalizzazione dei mercati e l’asimmetria dei regolamenti dei governi dei diversi paesi. Lo stato può vincere solo se l’azione di contrasto diventa una priorità dell’azione politica. È una sfida titanica, ma indispensabile».
Delinea lo scenario internazionale Franco Roberti, con particolare attenzione agli appalti pubblici. «Criminalità mafiosa e corruzione sono due facce della stessa realtà – aggiunge - La ricostruzione post terremoto o l’indagine di Mafia Capitale non ci stupiscono, perché conosciamo il modello politico-mafioso da 30 anni». Parla soprattutto dei costi della corruzione, con effetti negativi sulle imprese esistenti e ostacolo all’ingresso di investitori esteri, con relativi aumenti delle opere pubbliche con ricaduta sulla spesa dello Stato. Dai dati della Banca Mondiale del 2013 emerge che la caduta del tasso di «trasparency» provoca una perdita del 16% di investimenti esteri, mentre il 92% delle imprese italiane considera favoritismi e corruzione un ostacolo alla libera concorrenza. Una corruzione che, secondo Unimprese, ha consumato 100 miliardi di Pil nell’arco temporale dal 2001 al 2011, con un tasso decrescente di vendita del 40% per le piccole e medie aziende. A ciò si aggiunge il costo sociale, ovvero la sfiducia dei cittadini, con l’88per cento di italiani che considera la raccomandazione il modo più semplice per accedere ai servizi pubblici. Un «reato contro la democrazia», dice Roberti, favorito dalla crisi. «Dove c’è disoccupazione e povertà la criminalità tende affermarsi, creando consenso sociale», aggiunge.
 
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