«Luce», il concerto per voce e pianoforte che Fiorella Mannoia e Danilo Rea portano domani sera all'Augusteo, diventerà anche un disco continuando così il viaggio iniziato, dopo qualche anteprima di rodaggio, nell'estate del 2022 dalle Terme di Caracalla, e in cartellone nei teatri italiani almeno sino a fine anno, se non oltre.
Iniziamo dal titolo e da una curiosità. Siete soli sul palco, circondati da decine di candele accese. Ma sono vere?
Mannoia: «Sì e no: sono di cera, ma non c'è la fiamma, è digitale».
Insomma illuminano ma non bruciano. Luce bianca verrebbe da dire, non fosse che la luce del vostro recital è ben più calda. A proposito, com'è cambiato strada facendo?
M.: «Abbiamo tolto cose e aggiunto cose.
Ma chi cede di più all'altro? Fiorella si reizza? Rea si mannoizza?
M.: «Dicono che mi sono jazzificata».
Rea: «Sì, ma perché Fiorella il jazz lo aveva dentro, anche se non lo sapeva, improvvisare con lei è straordinario.
Perchè alla voce aggiunge la volontà di intepretare, di fare un buon servizio agli autori, senza rinunciare al piacere della musica. E, in questo caso, dell'improvvisazione».
M.: «Il privilegio di cantare con Danilo è che lui non si ripete: stasera è più blues, domani più lirico, dopodomani più ritmico... Devi solo seguirlo».
R.: «E lei mi segue benissimo, come se non avesse mai fatto altro. Ci basta guardarco negli occhi, a volte non serve nemmeno».
In repertorio avete i grandi della canzone d'autore italiana: Fossati («C'è tempo»), De Gregori («La donna cannone», «Titanic»), Battiato («La cura»), Battisti («Io vivrò senza te», «Insieme»), Vasco Rossi («Sally»), Paolo Conte («Via con me», «Messico e nuvole»), Lucio Dalla («Felicità»).
M.: «Queste canzoni oggi non si scrivono più, è un dovere cantarle, soprattutto quelle degli artisti che non ci sono più. Ci hanno lasciato un patrimonio culturale e musicale immenso. Cantatele ai bambini, rimarranno nella loro memoria».
Quando arriva la parentesi latina di «Besame mucho» e «Quizas, quizas, quizas», arriva anche qualche passo di danza.
M.: «Sì, ma piano, piano, non posso girare con ortopedico, fisioterapista e infermiere al seguito».
In scaletta non mancano i successi personali di Fiorella.
M.: «Qualcuno c'è, magari con qualche sorpresa. Succede, ad esempio, che aggiunga una parolina alla fine di Quello che le donne non dicono».
Una parolina?
M.: «Sì, un forse: e ti diremo ancora - forse - un'altro sì. Dobbiamo insegnare alle nuove generazioni che quando una donna dice no, è no».
Il Boris Vian, tradotto da Fossati, di «Il disertore» è un altro modo di parlare dell'attualità, dell'assurdita della guerra, di ogni guerra.
M.: «Certo, l'unica cosa certa in una guerra è che bisogna cercare la pace».
Danilo ma, tra tante canzoni, ce n'è una più significativa per te?
R. «Forse Margherita di Cocciante, che mi ricorda un disco e un tour con Riccardo, Rino Gaetano e il New Perigeo, anche se stiamo parlando della notte dei tempi».
Fiorella, ma cosa cambia in questo tour rispetto a quando hai la tua band accanto?
M.: «All'inizio avevo quasi paura, mi sentivo come nuda, poi ho scoperto che non c'era nulla di scabroso, che i vestiti che mi forniva Danilo, per quanto spesso diversi da sera a sera, mi stavano tutti benissimo addosso».
Danilo, ma cosa cambia in questo tour rispetto a quando avevi Paoli accanto?
R.: «Gino è cantautore, ha scritto lui lei cose che canta. Così io iniziavo con un'introduzione, poi arrivava lui e via... In questo tour noi due entriamo insieme, procediamo insieme».