Fuossera Forever: «Il rap è ancora poesia cruda»

L'ep del ritorno su etichetta No Music, è una sorta di macchina del tempo

Il ritorno dei Fuossera
Il ritorno dei Fuossera
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Sabato 4 Novembre 2023, 12:00
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Hanno imparato che «le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci hanno divisi, che è bello festeggiare i compleanni con gli amici». I compleanni, questa volta, spiega O Iank, alias Giovanni De Lisa, erano due: «C'erano i 25 anni dalla nascita dei Fuossera, nel 1998, e il mezzo secolo del rap». Due date che meritano una reunion, quello della premiata ditta Fuossera appunto, nata dentro il «fuosso» di Piscinola, piazza Tafuri, e scioltasi nel 2018, dopo il terzo album, «Demodé». O Iank ha ritrovato Sir Fernandez e OJey, ma anche Dj Fresella, a cui si è aggiunto il giovane Francesco Fedele, in arte Trusty. E i Fuossera sono ripartiti dal «fuosso», anzi non l'hanno mai abbandonato: «Ci eravamo messi su panchine separate, nessuno di noi aveva abbandonato l'hip hop game, poi... ci siamo stretti sulla stessa panchina degli esordi».

«Forever», l'ep del ritorno su etichetta No Music, è una sorta di macchina del tempo: rap(g)old style, un flow, anzi tre, veracissimo, che riparte da quella «Poesia cruda» dettata a suo tempo nel collettivo omonimo diviso con i Co'Sang: «Chest è ancor poesia crur/ ngopp o ben e di' to giur/ Tu mo astrignt a cintur/ fai sicur cap e mur», è Sir (Pasquale all'anagrafe) Fernandez a dare l'incipit. «Non siamo cambiati e abbiamo visto quello che è successo dopo di noi, forse anche grazie a noi», ragiona O Iank, mostrando fiero l'anello col logo del gruppo forgiato per l'occasione. «Oggi il rap newpolitano regna e inizia a fare paura anche ai milanesi, che però, intanto, hanno aperto le porte a Geolier, a Luche' e tutti gli altri, e difficilmente potranno rimetterli ai margini.

Quando abbiamo iniziato il dialetto napoletano era vietato persino a Pino Daniele ed Almamegretta, pena non essere passati in radio, figurarsi in tv. Oggi fa figo, rappano nella nostra lingua anche quelli del Nord».

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I Fuossera non hanno bisogno di fingersi bulli di strada, dalla strada vengono, in strada rimangono: «Io a Piscinola non ci abito più, ma ci torno ogni giorno per lavorarci, il suono è lì, le vibrazioni vengono da lì», ricorda O Iank: così nei sei pezzi le storie d'amore («Peccato e perdono») si (con)fondono con quelle di vita. «I nun vogl e sord/ e nun vogl a fama/ vogl lascia cossòs», spiega «Stanotte». «'A notte, o studio, o locale, a fabbrica e natavota. A notte, o studio, o locale, a fabbrica, nu suonno, na visione contro a na realtà apatica», si sfoga nel microfono Ojey, noto anche come Pepp J-One, sui documenti Giuseppe Troilo. Qui, nel «fuosso», l'hip hop è passaporto indispensabile per sentirsi «Liberi» nella terra dove «a realtà s confond che suon», nel linguaggio sempre più contratto, quasi illeggibile per chi pensa a Viviani e Di Giacomo, ma ormai sdoganato dal Geolier di «P'Secondigliano» e del «Coraggio dei bambini». Più che le critiche al mainstream dilagante conta la voglia di tornare a farsi sentire, a gridare forte, a raccontare bene, a fare «poesia cruda»: «Ricene a strada nun è na mamm ma se cresce e figli/ te ra ammor pur quando tu n'a vir... Nun fa o guappo si nun si criminal/ puosa sta Benz nun è pavat a rat/ nun si tu è a strada ch'è cagnat/ nun dà arett scem cagna capa». 

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