Napoli in crisi, De Laurentiis ordina il ritiro da venerdì

La furia di ADL: non sono tollerate altre figuracce

Napoli in crisi, De Laurentiis ordina il ritiro da venerdì
Napoli in crisi, De Laurentiis ordina il ritiro da venerdì
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Martedì 23 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 24 Aprile, 10:03
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Aurelio De Laurentiis è furibondo. Dopo aver tenuto tutto dentro di sé ad Empoli ed essere scappato via dallo stadio a dieci minuti dalla fine, nella mattinata di ieri, dopo essersi consultato con i suoi fedelissimi Chiavelli e Micheli, ha fatto sapere la sua decisione a Di Lorenzo, Calzona e tutti gli altri: la squadra va in ritiro venerdì e se perde con la Roma, giocando come a Empoli, in ritiro ci resta a oltranza, fino alla fine del campionato. Nessun margine per trattative o cose simili. Non fanno parte del suo stile. Un aut aut che è l’ultima ciliegina su una torta indigesta: dopo aver tentato la strada dei premi per l’Europa qualche settimana fa, cambia strategia, usa i metodi draconiani e passa alle minacce, provando a mettere gli ormai ex campioni d’Italia spalle al muro. La squadra ammutolisce al cospetto del ventilato ritiro fino a fine anno che suona come una punizione. Ne è sorpresa, ma fino a un certo punto. Nessuno ha la forza di reagire, ribellarsi, azzardare una replica. Esattamente come in campo con l’Empoli, la squadra resta imbolsita, in silenzio. Il ritiro a oltranza è l’ultima arma di De Laurentiis per salvare la faccia ma davvero Di Lorenzo e gli altri non comprendono a cosa possano servire stanze di costrizione e castighi di gruppo dopo il ko con l’Empoli e col bieco corollario della convocazione degli ultrà sotto la curva. Le voci di dentro parlano di un malcontento che serpeggia da mesi, perché un po’ tutti sono convinti di essere vittime di scelte infelici da parte della società e non i responsabili principali di questa disfatta epocale. Il solito, classico, scaricabarile in una crisi così nera come questa del Napoli. Ma la decisione è presa, Francesco Calzona ne prende atto, non ha né la forza né il carisma per poter provare a contraddire la scelta di De Laurentiis. D’altronde, ha i poteri limitatissimi, quelli di un traghettatore con appena 4 mesi di contratto. La minaccia del ritiro punitivo a tempo indeterminato lascia a bocca aperta i leader: nessuno fa una smorfia, le parole arrivano a inizio dell’allenamento, prima della seduta nella sala-video in cui Calzona mostra gli errori di Empoli senza mai alzare la voce più di tanto ma sottolineando il dovere di doversi impegnare fino all’ultimo secondo della stagione. Il clima è infernale, i big ammutoliscono. Non è il ritiro di venerdì sera a infastidirli, in fondo si tratta di una notte in più perché, visto che si gioca alle 18 con la Roma, sarebbero andati in ritiro anche il sabato sera, ma la minaccia della clausura a tempo indeterminato. Che non è stata concordata e discussa. E che per molti big viene fatta per assecondare la piazza, gli umori dei tifosi e dare una risposta alla contestazione di sabato a Empoli, con il sermone degli ultrà. Ma anche per scaricare sui calciatori - è l’amarezza della squadra - la responsabilità di «una stagione balorda», per dirla come Calzona. 

Napoli con le spalle al muro 

Solo nell’intervallo di Monza la squadra ha mostrato un certo nervosismo, certe crepe si sono palesate.

Ma non a Empoli, dove le scelte di Calzona sono state rispettate. Ma in questi due giorni De Laurentiis ha invitato Calzona a cambiare registro, a non avere alcun genere di remora a spedire in panchina qualcuno della vecchia guardia (come Anguissa o anche Osimhen, per esempio) se lo ritiene necessario. Nessun intoccabile, insomma, faccia come gli pare. Ma ovviamente De Laurentiis è pronto a recitare la sua parte con Calzona anche sotto il profilo dei consigli (un maggior impiego di Raspadori, per esempio) e di chi mandare in campo nelle ultime gare della stagione. A iniziare con la Roma. Calzona è da sempre un aziendalista, fin dai tempi di Sarri quando decise di rompere con il tecnico di Figline che aveva chiesto al suo staff di firmare un contratto di un anno decidendo di legarsi a De Laurentiis con un triennale. Non a caso, per il dopo Mazzarri, è stato scelto lui. Come potenziale salvatore della patria. Ed è evidente che in queste ore si stia chiedendo se ha fatto la cosa giusta. Ma Calzona è il meno colpevole di questa situazione: ha solo sopravvalutato le sue capacità di poter stravolgere una inerzia iniziata esattamente il giorno dopo la vittoria dello scudetto. 

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