Sull'aereo Francesco prende il microfono per salutare i giornalisti che lo accompagnano a Budapest e a Bratislava. Alle prime parole fa sobbalzare tutti dalla poltrona nonostante sia l'alba perché esordisce così: «Questo viaggio ha un po' il gusto del congedo». Pausa. Ma il congedo di cui parla non riguarda affatto lui bensì l'Alitalia. «Ci lascia l'Alitalia». Poi annuncia che riprenderà a viaggiare intensamente dopo la pausa forzata dovuta al Covid. A novembre con ogni probabilità lo attende Glasgow per partecipare alla Cop26, a dicembre una ipotesi che include Cipro, la Grecia e Malta e l'anno prossimo vorrebbe andare a Compostela, in Spagna.
Francesco, intanto, fa sfoggio di buona forma fisica dopo l'operazione, ha persino ripreso qualche chilo in più. Si dirige nel corridoio a salutare uno ad uno tutti, ridendo, scherzando, parlando a lungo con alcuni.
Il presidente del Consiglio europeo Michel incontro Papa Francesco
L'arrivo in aeroporto a Budapest
All'aeroporto di Budapest ad attenderlo stavolta non c'è folla, come solitamente avviene e nemmeno transenne, con la banda, i cori dei ragazzi, lo sventolio delle bandiere ma solo un drappello di funzionari di Stato. Ai piedi dell'aereo il vice presidente del governo di Orban ha il compito di accoglierlo. Naturalmente una scelta ben precisa e concordata con il Vaticano. Due bambini hanno offerto dei fiori e poi tutti via di corsa fino al centro della città per gli appuntamenti concentrati nelle sette ore di permanenza a Budapest. Praticamente un blitz solo per concludere il Congresso Eucaristico, una kermesse periodica mondiale che misura la tenuta fede dei cristiani (in una Europa sempre più scristianizzata).
L'incontro con Orban
Al premier ungherese – per il quale Francesco non nutre di certo un feeling particolare in relazione alla politica anti-europea ungherese e soprattutto anti-migranti – il Papa riserva un incontro blindatissimo, all'interno del Museo delle arti, a due passi dalla piazza degli eroi dove celebra la messa di chiusura della kermesse cattolica. Circa 40 minuti alla presenza del cardinale Parolin e del ministro degli Esteri, Gallagher, compresi saluti, lo scambio dei doni, le traduzioni, i saluti e la presentazione dei famigliari. Nessuna televisione, nessun giornalista è stato ammesso dentro la sala. La medesima preoccupazione di tener lontano la stampa per lasciare maggiore libertà agli interlocutori si è registrata anche nel successivo incontro con i vescovi ungheresi, un episcopato che sostiene gran parte delle scelte del premier Orban.
La “Croce della missione” è il simbolo del #CongressoEucaristico Internazionale: vi porti ad annunciare con la vita il Vangelo liberante della tenerezza sconfinata di Dio per ciascuno. Nella carestia di amore di oggi, è il nutrimento che l’uomo attende.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) September 12, 2021
Orban sulla sua pagina Facebook ha sintetizzato il colloquio riferendo di avere chiesto al pontefice "Ho chiesto al Papa di non lasciare che l'Ungheria cristiana perisca"
La Chiesa ungherese apprezza, infatti, gli aiuti alle scuole cattoliche, i programmi a favore della famiglia formata da un uomo e una donna, a favore dei cristiani perseguitati in Medio Oriente. Sul fronte delle migrazioni, invece, esiste una evidente spaccatura interna tra vescovi più o meno favorevoli ad accogliere migranti in un paese piuttosto omogeneo e dove la comunità islamica è quasi inesistente. Forse è anche per questo motivo che il Papa ha scelto di parlare a porte chiuse senza che vi fossero microfoni scomodi.
Il discorso di Papa Francesco
Il discorso più sentito e accorato è stato rivolto dal Papa agli ebrei. Il tema centrale ha riguardato la crescita dell'antisemitismo. «La minaccia serpeggia in Europa e altrove. E' una miccia che va spenta». L'odio continua a correre e il ricordo dei campi di concentramento è ancora troppo vivo per essere dimenticato, considerando che nel 1944 iniziarono le deportazioni massicce che costarono al vita a oltre 400 mila ebrei. Tra coloro che riuscirono a sopravvivere il premio nobel Elie Wiesel.