«Aste Ok», nelle intercettazioni le minacce a un imputato

Manomessa una registrazione audio al fine di omettere la voce di un uomo

La caserma dei carabinieri
Proceso «Aste Ok», dalla mole di intercettazioni depositate dai periti trascrittori emergono nuovi particolari su cui stanno lavorando gli avvocati. Tra questi, una...

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Proceso «Aste Ok», dalla mole di intercettazioni depositate dai periti trascrittori emergono nuovi particolari su cui stanno lavorando gli avvocati. Tra questi, una presunta aggressione e le minacce che sarebbero state subite dall'imputato Mario Gisolfi (sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dal novembre 2020), difeso dall'avvocato Rosaria Vietri. Aggressione che sarebbe avvenuta nei pressi dello studio di un noto notaio di Avellino, dove Mario Gisolfi, interessato all'appartamento dei coniugi Montone e D'Amato deposita la busta per prendere parte l'indomani mattina anche lui all'incanto del bene.


Dalle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche effettuate dagli inquirenti e depositate nelle scorse udienze, emerge come una testimone chiave del processo Aste Ok, Maria Cristina Cerullo, difesa dall'avvocato Sergio Tecce, ora indagata per false informazioni al pubblico ministero per aver manomesso una registrazione audio al fine di omettere la voce di un uomo, Carmine Laudato (non indagato) e tentare di celare il suo coinvolgimento nella vicenda, ricostruisca al telefono cosa sia accaduto dopo che lei e Laudato hanno consegnato la busta per i coniugi Montone e D'Amato e dopo aver ricevuto una telefonata amica che la informava sul deposito di una seconda busta per lo stesso bene. Da quanto si legge, Cerullo riferisce: «Ho ricevuto la telefonata Tesoro vedi che le buste sono due e quindi mi hanno fatto capire che dopo di me qualcun altro aveva consegnato la busta. Io riattraverso la strada e vado a muso duro contro e gli dico fratello, scusa ma che sei andato a fare sopra? Perché hai posato? Fammi capire? E ditemelo voi il numero? E chi ti ha mandato? Come hai fatto? E perché?. Poi si è messo in mezzo lui (facendo riferimento all'uomo che l'aveva accompagnata per depositare la busta), ti spacco la testa ti faccio questo». E in un altro passaggio delle trascrizioni la donna riferisce al telefono: «Carmine ha combinato un casino», facendo riferimento, secondo la difesa di Gisolfi, all'aggressione e alle minacce che sarebbero state perpetrate nei confronti dell'imputato, che però non ha mai denunciato l'accaduto.


Inoltre dalle dichiarazioni rese dall'imputata Livia Forte al pubblico ministero Henry John Woodcock la donna detenuta nel carcere di Latina ha dichiarato nel dicembre del 2020 che «non è vero il fatto che io abbia mandato il Barone e il Formisano a vedere immobili o a partecipare ad aste. Erano Gianluca Formisano e Cristina Cerullo che si presentavano a nome mio, a casa della gente». Parole, queste, che non hanno ancora riscontri concreti. Il controesame della Cerullo è stato rinviato al 2 dicembre quando dovrà rispondere alle domande degli avvocati Gaetano Aufiero e Carlo Taormina. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino