Inchiesta sui diplomi falsi: notificati gli avvisi di conclusione indagini. Trentuno gli indagati nell'inchiesta bis condotta dal procuratore Cantelmo. Il pubblico ministero,...
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Nel secondo filone d'inchiesta misure cautelari per Biagio Amato, legale rappresentante del Campus Academy ed esaminatore, agli arresti domiciliari (annullati dal Riesame di Napoli dopo il ricorso degli avvocati Giuseppe Saccone e Gerardo Di Martino - la misura fu emessa all'indomani di una sentenza di assoluzione in primo grado dal tribunale di Avellino per un episodio analogo), per Gerardo Solimeno Medugno (sospensione dal pubblico esercizio per 12 mesi che non ha impugnato) difeso da Saccone e Di Martino, per Antonio Perillo (ex collaboratore Cisl tutt'ora ai domiciliari confermati dal Riesame) difeso da Generoso Pagliarulo e Gianfranco Iacobelli, Michele Listo (sottoposto all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria annullato dal Riesame) Luigi Fabio Monaco (domiciliari confermati dal Riesame) e Ernesto Capone, funzionario del provveditorato agli Studi di Avellino, sottoposto all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria annullato dal Riesame dopo la discussione del legale Michele D'Agnese.
Mentre gli altri indagati tra cui anche gli acquirenti dei titoli falsi Miriam Abbondandolo, Maria Teresa Borreca, Cosimo Costanzo, Luca De Biasi, Giovanna Fimiani, Maria Elena Gargano, Daniele Iannaccone, Christian Iovine, Giovanna Marinella, Carmine Melchionno, Enrica Melchionno, Felice Melchionno, Angelo Salvatore Musto, Carmela Pagliuca, Maria Grazia Petracca, Assunta Picariello, Manuela Preziuso, Alessandra Sabatino, Giuseppina Spina, Gerardo Taurasi, Ciro Tirella, Ida Tulimiero, Filomena Vella, Maria Vicario, AnnaMaria Vona non sono mai stati sottoposti a misura cautelare.
L'inchiesta ha portato alla luce un sistema rodato per ottenere diplomi e attestati senza frequentare i corsi, ma pagando un compenso fra i 2000 ai 3000 euro, anche se negli ultimi mesi come si evince dall'attività investigativa le cifre per ottenere i titoli si erano drasticamente ridotte (600-700 euro).
Il tutto per ottenere un maggior punteggio nel concorso indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione per il personale Ata e scalare dunque le graduatorie. Le modalità erano analoghe nei vari episodi contestati dagli inquirenti: in varie tranche gli acquirenti dei titoli fasulli consegnavano ai pubblici ufficiali, agli esaminatori, agli intermediari e ai legali rappresentanti dei vari centri studi coinvolti nell'inchiesta, somme di denaro in cambio delle certificazioni false e dell'inserimento nei registri di presenza ai vari corsi di formazione senza mai frequentarli.
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Il Mattino