Depuratori e fiumi inquinati, maxi sequestro alla Gesesa

Depuratori e fiumi inquinati, maxi sequestro alla Gesesa
Un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di denaro, di beni mobili e immobili per un ammontare di 78.210.529 euro nella disponibilità della Gesesa,...

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Un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di denaro, di beni mobili e immobili per un ammontare di 78.210.529 euro nella disponibilità della Gesesa, società che gestisce il servizio idrico e di depurazione in città e in alcuni centri della provincia, è stato chiesto dalla Procura diretta da Aldo Policastro e dal sostituto procuratore Assunta Tillo e adottato dal Gip Loredana Camerlengo. A dare attuazione al provvedimento i carabinieri del Gruppo per la tutela ambientale e la transizione ecologica di Napoli, in collaborazione con il Nucleo polizia economica e finanziaria del comando provinciale della Guardia di finanza di Benevento.

Il sequestro è stato disposto per illeciti amministrativi in relazione ai reati ambientali commessi nel Sannio negli anni 2017, 2018 e 2019. Alla Gesesa si contesta di non avere adottato modelli di gestione idonei a prevenire i reati già contestati, commessi, secondo l'accusa, per conto, nell'interesse e a vantaggio della società dai suoi amministratori e da dipendenti che rivestivano, all'epoca dei fatti, funzioni di direzione o vigilanza all'interno dell'ente.

Le pregresse indagini della Procura avevano consentito di acquisire gravi indizi in ordine a una presenza diffusa di scarichi diretti dalle fogne dei comuni di Benevento e della provincia nei fiumi Calore e Sabato dovuta, in alcuni casi, all'assenza di depuratori, con immissione di reflui inquinanti direttamente nei corsi d'acqua, in altri al non corretto funzionamento dei depuratori esistenti. Per la Procura «si è ritenuto che venivano tutelati soltanto gli interessi privatistici di carattere economico dell'azienda a discapito del bene comune rappresentato dalla necessità di evitare che reflui inquinati o comunque non conformi a legge finissero nei corsi idrici». Gli inquirenti si sono convinti che la scelta della Gesesa di trascurare gli impianti di depurazione gestiti fosse frutto di una politica aziendale volta a ridurre i costi di gestione. Nel prosieguo dell'attività investigativa è stato ritenuto dagli inquirenti che a tali illecite condotte, poste in essere dagli amministratori e dai dipendenti della Gesesa, sia conseguita una responsabilità penale-amministrativa della stessa società. A tale riguardo il Gip del Tribunale di Benevento afferma che «appare pacifico che la società nel suo complesso sia stata adoperata e funzionalmente destinata asservita alla consumazione continuativa e sistematica degli illeciti realizzati dai soggetti che per essa agivano, così da comporre un'organizzazione imprenditoriale unitaria, come desunto dall'organigramma societario ed evidenziato chiaramente dal tenore delle intercettazioni e dalle dichiarazioni delle persone informate dei fatti».

Le condotte illecite indicate hanno consentito alla Gesesa, sostiene la Procura e il Gip concorda, «di conseguire un accrescimento illegittimo della propria posizione patrimoniale; la mancata realizzazione degli interventi di adeguamento necessari (manutenzione straordinaria e ordinaria) gli ha permesso di conseguire un risparmio di spesa quantificabile nel costo dei mancati investimenti e della mancata corretta gestione del processo di depurazione nonché di smaltimento dei rifiuti. Costi questi già compresi nella tariffa, riconosciuta dai Comuni alla Gesesa».

L'ammontare del sequestro corrisponde all'ingiusto profitto conseguito da Gesesa per la cattiva gestione delle condotte e per la mancata o inadeguata depurazione delle acque reflue provenienti dai depuratori comunali oggetto di sequestro. Nella fase preliminare di esecuzione del provvedimento di sequestro sono stati già individuati disponibilità bancarie e/o finanziarie in capo alla società e sono altresì in corso operazioni di ricerca finalizzate all'individuazione di disponibilità di altri beni che saranno sottoposti a sequestro, sino alla concorrenza dell'ingiusto profitto. Il primo blitz ci fu nel maggio 2020. La chiusura delle indagini lo scorso 16 luglio. Ora si è in attesa delle richieste finali della Procura. Gli indagati sono 24. Nell'elenco figurano Giorgia Dora Amato, 33 anni, di Benevento; Domenico Bernando, 53 anni, di Sant'Agata dei Goti; Rosanna Cocozza, 44 anni, di Benevento; Vittorio Cuciniello, 47 anni, di Torre del Greco; Gelsomino De Angelis, 59 anni, di Ponte; Francesco De Laurentiis, 61 anni, di Benevento; Antonio Di Rubbo, 62 anni, di Benevento; Vincenzo Maria Falcione, 46 anni, della provincia di Isernia; Piero Ferrari, 56 anni, di Roma; Carlo Alberto Iannace, 55 anni, di San Leucio del Sannio; Mario Lepore, 37 anni, di Benevento; Gianluca Luciani, 50 anni, di Pietrelcina; Claudio Maraschiello, 41 anni, di Benevento; Antonio Mazza, 43 anni, di Benevento; Michele Mazzarelli, 61 anni, di Faicchio; Giuseppe Melillo, 67 anni, di Vitulano; Massimo Messere, 46 anni, di Paduli; Antonio Pisanti, 44 anni, di Maddaloni (Caserta); Anna Pontillo, 32 anni, di Calitri (Avellino); Piero Porcaro, 58 anni, di Ceppaloni; Giovanni Rossi, 48 anni, di Venafro (Isernia); Giovanni Ruggieri, 51 anni, di Castelvenere; Raffale Scarinzi, 58 anni, sindaco di Vitulano; Giovanni Tretola, 46 anni, di Sant'Angelo a Cupolo. Nel maggio 2020 gli indagati erano 33 e furono sequestrati 12 depuratori, tutti gestiti da Gesesa: tre a Benevento (Ponte della Tavole, Capodimonte, Pontecorvo), due a Telese Terme (San Biase e Scafa), uno ciascuno a Frasso Telesino, Melizzano, Forchia, Castelpoto, Ponte, Sant'Agata de' Goti e Morcone. Circa i depuratori il sequestro è tuttora in vigore. L'attuale dirigenza di Gesesa d'intesa con l'amministratore giudiziario ha stabilito un cronoprogramma per rendere questi impianti pienamente funzionanti.

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Il Mattino