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«Il ciclismo è uno sport meraviglioso, quando gareggiavo c'era un'atmosfera di sana competizione»: così il campione di ciclismo, Arcangelo Bove, che ieri ha raccontato, tra lacrime ed emozione, i momenti che hanno caratterizzato la sua carriera sportiva.
Erano gli anni '50 del secolo scorso, gli anni in cui la stella del sud- come è stato denominato Bove - riusciva a tagliare il traguardo per primo in quasi tutte le competizioni regionali e a strappare vittorie oltre i confini campani. Era l'epoca di Gino Bartali, Fausto Coppi: nomi del ciclismo italiano che sono diventati vere e proprie leggende di uno sport che a quei tempi era il più seguito del Paese. Bove, oggi 95enne, è testimone di quel periodo.
I ricordi che custodisce sono stati condivisi ieri, ad Airola, durante l'incontro organizzato dall'associazione Amici di Fausto Coppi. La scalata di Bove verso una brillante carriera è partita dal suo piccolo paese, Paolisi, dove ha cominciato a scoprire la passione per le due ruote. Poi il primo investimento: mille lire per il fitto di una bicicletta da corsa. Da quel momento in poi, tra il 1949 e il 1955, ha collezionato un successo dopo l'altro e ha iniziato a gareggiare con i campioni del ciclismo italiano ma racconta che la gara più importante l'ha disputata ad Airola «perché entrando in un negozio ho conosciuto mia moglie». Erano gli anni del suo successo, la stampa iniziava a parlare del talento caudino.
«I giornalisti di allora racconta Arcangelo Bove - dicevano che ero un po' rude, ero uno scalatore e in salita pedalavo con forza».
«È stato un grande onore incontrare uno degli ultimi testimoni di quell'epoca», ha dichiarato il presidente dell'associazione sportiva Gli Amici di Fausto Coppi, Renato Iaselli, che ieri ha omaggiato il corridore sannita con una targa.
«La nostra associazione - ha spiegato Iaselli - è nata per ricordare il periodo in cui Coppi ha vissuto a Caserta, un periodo molto simbolico che ha rappresentato la rinascita del ciclismo e del Paese. Bove è stato tra i migliori ciclisti del sud Italia, certamente il migliore in Campania durante il dopoguerra e ci ha offerto una testimonianza molto importante perché ha dato l'idea di cosa abbia significato in una determinata epoca affrontare le fatiche del ciclismo. Oggi è meno facile intercettare questa volontà ma tra i compiti di chi è impegnato nello sport c'è quello di far comprendere ai giovani l'importanza dell'applicazione e del sacrificio». All'appuntamento di ieri erano presenti anche i membri dell'associazione Amedeo Marzaioli, Pasquale Ventriglia, Pietro Delli Paoli e Biagio Pascarella che hanno chiacchierato a lungo con il campione campano che ha scritto la storia del ciclismo negli anni '50.
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Il Mattino