San Bartolomeo, monito Accrocca: «I cristiani non evadono le tasse»

San Bartolomeo, monito Accrocca: «I cristiani non evadono le tasse»
San Bartolomeo, la sincerità fatta apostolo. «Possa la nostra fede testimoniare la carità del Cristo, il suo senso di giustizia, possa testimoniare...

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San Bartolomeo, la sincerità fatta apostolo. «Possa la nostra fede testimoniare la carità del Cristo, il suo senso di giustizia, possa testimoniare l'impegno nella costruzione di una società umana più giusta. Davvero come cristiani, nel giorno in cui celebriamo il santo patrono Bartolomeo, dobbiamo riflettere sul senso della nostra proposta civile, della nostra fede come lievito per la costruzione di una società alternativa, alternativa a logiche di poter spicciolo, alternativa all'ingiustizia e alle speculazioni». Così l'arcivescovo Felice Accrocca, in uno dei passaggi più salienti dell'omelia tenuta nella basilica di San Bartolomeo in occasione della festività del patrono della città, alla presenza di molti fedeli e delle autorità militari e civili, capeggiate dal sindaco Clemente Mastella.

 
«Dobbiamo essere cristiani ha proseguito l'arcivescovo - tutti di un pezzo: cristiani coerenti, che non moltiplicano le devozioni e poi evadono le tasse; cristiani che utilizzano la loro parola per dire bene e fare il bene, piuttosto che per parlare male del prossimo o per pettegolezzo spicciolo. Ci aiuti il nostro patrono ad essere segni di vita nuova. Ci aiuti a tradurre il Vangelo nella quotidianità di questo nostro tempo, in un momento non facile nel quale è chiesto ad ogni cittadino di fare del suo meglio perché si costruisca una società migliore».


A conclusione della messa, il sindaco Mastella ha portato il saluto della città. Egli ha ripreso una parabola ebraica. «In una stanza c'erano quattro candele accese. La prima diceva: Sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che spegnermi». E così accadde. La seconda disse: Sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che spegnermi. E così accadde. La terza candela confessò: Io sono l'amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere. All'improvviso nella stanza comparve un bambino che disse: Ho paura del buio. Allora la quarta candela disse: Non piangere. Resterò accesa, per riaccendere le altre candele: io sono la speranza. Anche le nostre riflessioni quotidiane sono spesso segnate dallo sconforto. Ma l'ultima parola dovrebbe essere sempre quella della speranza, il rischio da correre, anzi, il rischio dei rischi che riesce a far sbocciare la luce». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino