Sono circa cinquecento i test sierologici eseguiti su base volontaria nella città di Castel Volturno dall'Asl da quando è iniziato lo specifico progetto, da...
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L'ex Canapificio, un altro gruppo di volontari impegnato in prima linea nel contenimento del virus fra i popoli migranti della fascia Domiziana, invece, lamenta la risposta istituzionale non sufficiente per gestire al meglio il fenomeno fra i cittadini appunto stranieri. «Abbiamo proposto al governo d'istituire un centro di controllo sanitario permanente sulla Domiziana spiega Mimma D'Amico ma la richiesta è rimasta inevasa. Il progetto dell'Asl che vede impegnata la cooperativa Demetra è importante, anche noi abbiamo dato il nostro contributo volontario, ma non basta. L'emersione degli irregolari è il presupposto per ogni progetto, sia sociale, sia sanitario. E la regolarizzazione istituita dal governo il mese scorso permetterà un emersione bassissima sulla Domiziana, ben al di sotto del dieci per cento. Tutti gli altri resteranno fantasmi, gente non censita in alcun registro e per questo vulnerabile». E come dimostrato dai recenti casi di Mondragone, in caso di contagio potrebbero rappresentare un pericolo non solo per se stessi, ma anche per la salute pubblica collettiva, perché si tratta di soggetti fluidi, della cui esistenza, spesso, non c'è alcuna traccia in Italia.
Non a caso la fascia domiziana rappresenta un caso unico in tutto il continente europeo, con una presenza di stranieri irregolari (fra i cittadini africani e dell'Est Europa) che in alcune località supera quello dei residenti registrati all'anagrafe. La comunità dei bulgari, seppure formata da cittadini comunitari, non fa eccezione in questo delirio. Perché si tratta per lo più di gente che si sposta in modo stagionale. Arriva a Mondragone a marzo e aprile e resta fino a settembre, massimo ottobre. È impegnata quasi tutta nella raccolta di ortaggi e frutti estivi coltivati nelle campagne dei Mazzoni. In tutto il periodo della raccolta nessuno li censisce in alcun registro pubblico. E seppure qualcuno avesse il desiderio di farlo, leggi e regolamenti comunali lo impedirebbero o lo renderebbero oltremodo complicato.
Sulla farraginosità di codici spesso anacronistici ha gioco facile l'illegalità e la sopraffazione dei prepotenti di turno. A parte quanti praticano affari illegali, gran parte degli immigrati della Domiziana è impegnata in lavori umili e per i quali serve o grossa forza fisica, o resistenza da superuomo. A queste condizioni estreme si aggiungono la scarsa sicurezza sui luoghi di lavoro e le basse paghe, ovviamente a nero. Questo è possibile perché si tratta di gente che per lo Stato italiano non esiste. Ma che invece qui sopravvive e lavora. E a speculare sono in tanti, non solo i datori di lavoro; fra questi i proprietari delle case che occupano. Spesso tuguri, nei quali nessun cittadino italiano vivrebbe e per i quali gli immigrati pagano cifre ben al di sopra dei normali prezzi di mercato, ovviamente anche in questo caso a nero. Insomma, sulla pelle degli immigrati domiziani sono in tanti a speculare. Se poi, d'un tratto, arriva una pandemia, le carte si rimescolano. E così, sia il lassismo istituzionale su un fenomeno che andrebbe governato costantemente, sia lo sfruttamento dei miserabili chiedono il conto. E a questo punto a pagare sono tutti: nessun vincitore, sulla Domiziana ci sono solo perdenti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino