De Giovanni a sorpresa: «L'addio al commissario Ricciardi? Non escludo il ritorno»

De Giovanni a sorpresa: «L'addio al commissario Ricciardi? Non escludo il ritorno»
«Non escludo il ritorno». In che senso, De Giovanni: vuol dire che ci ha ripensato e che dopo le proteste e le mobilitazioni in libreria e sul web dei fans lettori,...

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«Non escludo il ritorno».

In che senso, De Giovanni: vuol dire che ci ha ripensato e che dopo le proteste e le mobilitazioni in libreria e sul web dei fans lettori, il suo commissario Ricciardi non esce davvero di scena a pagina 263 dell'undicesima e almeno finora - ultima avventura, «Il pianto dell'alba»?


«No, chiariamo. Il ciclo si è chiuso. L'ho annunciato e ora lo confermo. Del resto avevo deciso da tempo che con il 1934 l'arco narrativo delle storie di Ricciardi si sarebbe chiuso. Certo, non possono nascondere che ne ho già molta nostalgia. Si è chiuso il cerchio, però...».

Però?
«Non escludo che tra due o tre anni io possa andare a trovarlo e vedere che fine ha fatto. Ma non nel periodo immediatamente successivo al 1934, magari più avanti nel tempo, per esempio negli anni '60. Potrei raccontarlo in una fase storica diversa. Lui sessantenne, potrebbe essere interessante. Comunque, si tratta soltanto di una ipotesi narrativa».
 
In attesa di verificarla, ecco Maurizio de Giovanni e Il pianto dell'alba. L'ultima ombra per il commissario Ricciardi (Einaudi, pagg. 268, euro 19): da oggi in libreria e alle 21 al centro della presentazione ufficiale a Napoli fissata nel cortile del Maschio Angioino con Marianita Carfora, Salvatore Catanese, Paolo Cresta, Sonia De Rosa e Rosalba Di Girolamo, musiche di Enzo Grimaldi e Giacinto Piracci, partecipazione straordinaria di Marco Zurzolo e regia di Annamaria Russo. Sono trascorsi 14 anni dal concorso per giallisti emergenti a cui de Giovanni, iscritto dai colleghi bancari, partecipò con un racconto ambientato nella Napoli degli anni '30 con protagonista un commissario della regia polizia, Luigi Alfredo Ricciardi per altro barone di Malomonte in Cilento, possessore dolente della dote di poter cogliere le estreme parole di chi è morto di morte violenta. Da allora, dal quel brano dal titolo paradigmatico I vivi e i morti che diventa la base del romanzo d'esordio Le lacrime del pagliaccio, pubblicato da Graus nel 2006 e quindi riedito da Fandango nel 2007 come Il senso del dolore. L'inverno del commissario Ricciardi, de Giovanni ha narrato alternandosi con i Bastardi di Pizzofalcone, la poliziotta Sara e tanto ancora - le avventure investigative di un poliziotto malinconico e tenebroso quindi affascinate, irruento e irriverente e perciò malvisto dai superiori, attraversato da un tratto di malcelata sofferenza che pare essere il deposito dei drammi e delle tragedie che la città, Napoli, gli consegna come enigmi da risolvere. Ne Il pianto dell'alba lo si incontra felice, sposo della sua Enrica e presto padre, il cuore conquistato dall'amore. L'intrigo è dato dalla morte del maggiore tedesco Manfred Kaspar von Brauchitsch, trovato con un colpo alla testa accanto a Livia Lezzi, la vedova e antico amore di Ricciardi, priva di sensi.

De Giovanni, che cosa è successo?
«Su Napoli è scesa la paura. La vicenda incrocia piani personali a scenari storici. Si svolge in un anno cruciale, il 1934, quando il 30 giugno in Germania si verifica una vera e propria resa dei conti all'interno del partito nazista di Hitler con ripercussioni anche in Italia e a Napoli».

Dove il fascismo comincia a mostrare il suo vero volto ed emergono comportamenti e azioni fino ad allora sommerse?
«È così. Cambiano i tempi e Ricciardi lo capisce. Si mette in movimento con la sua truppa al completo, inclusi il femminiello Bambinella e il fruttivendolo Tanino o Sarracino, ma ha la precisa consapevolezza di un mutamento radicale».

Ciò mentre pure la sua vita cambia. Sta qui la chiusura di un ciclo?
«Beh, uno come lui in guerra proprio non riesco a immaginarlo».

Allora esce di scena?
«È un personaggio che si evolve, il suo ciclo si è chiuso. Non è uno alla Salvo Montalbano del grandissimo maestro Andrea Camilleri, lui vive i suoi anni e giunge a un punto. Con i Bastardi è diverso, lì alcuni personaggi possono sparire senza modificare il quadro. Per Ricciardi invece c'è l'elaborazione della sua parabola biografica. La mia non è stata una scelta semplice, dopo 14 anni, 11 titoli e traduzioni in 31 Paesi. In Einaudi continuano a non essere d'accordo. (Interviene la moglie Paola: Neanch'io sono d'accordo). Ma dal punto di vista narrativo era inevitabile. Poi si vedrà».

Intanto il commissario continuerà a vivere: graphic novel, teatro, ora anche la serie tv per RaiUno, da cui però de Giovanni si è un po' dissociato?

«Ho scritto le sceneggiature degli episodi che saranno diretti da Alessandro D'Alatri, lo stesso regista de I bastardi di Pizzofalcone. Non condivido alcune scelte artistiche. Lino Guanciale è un grande attore, il problema non è l'individuazione dell'attore, né D'Alatri che è un ottimo regista: ma le modalità dell'assemblaggio. Io ho una posizione un po' diversa. Legittima la loro, legittimo per me fare un passo indietro». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino