Napoli, in un libro i nomi delle Quattro Giornate

Ciro Raia ricorda i protagonisti spesso sconosciuti dello storico evento

La lapide che ricorda le Quattro Giornate al Vomero
Sulla cacciata dei nazisti da Napoli nel settembre del 1943 è stato detto e scritto di tutto ma la rappresentazione della coralità della rivolta e la denuncia che si...

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Sulla cacciata dei nazisti da Napoli nel settembre del 1943 è stato detto e scritto di tutto ma la rappresentazione della coralità della rivolta e la denuncia che si trattò per certi aspetti di una sorta di guerra civile tra napoletani, ancora non erano state messe così bene in evidenza come nel recente Le Quattro Giornate di Napoli, quasi un diario (Guida, pagine 196, euro 15) di Ciro Raia, presidente dell'Associazione partigiani di Napoli e della Campania.

Accanto ai femminielli combatterono le suore, gomito a gomito con i preti imbracciarono i fucili ragazzini di dodici anni, e prima degli uomini furono in prima linea le donne. Chi non sapeva sparare fu infermiere, barelliere e addetto alle mansioni più umili negli ospedali dei Pellegrini e degli Incurabili.

Ragazzine di 11 e 12 anni si ritagliarono il ruolo di portatrici di armi, andando in giro con cestini carichi di bombe a mano. Gli scugnizzi ebbero un ruolo importante, ma furono pochi. Tra tutti i combattenti delle Quattro Giornate ufficialmente riconosciuti, i bambini e i ragazzi fino a 16 anni furono in tutto 390, cioè l'8,3% del totale, 29 dei quali caduti in combattimento, come l'undicenne Giuseppe Oliva e il dodicenne Gennaro Capuozzo.

Fu guerra civile perché i fascisti napoletani, che si radunavano nella scuola elementare Vincenzo Cuoco, aiutarono i tedeschi a fuggire dagli attentati e a rintracciare chi lottava contro di loro. Li accompagnavano casa per casa per fare arrestare, giustiziare o costringere a combattere con loro quelli che fino a qualche giorno prima erano stati loro amici.

L'autore, che fa tutti i nomi possibili degli eroi combattenti, racconta in una sorta di diario giorno per giorno, a volte ora per ora, tutte le rivolte e le tentate insurrezioni, fornendo di ogni partecipante quanti più dettagli sulla sua vicenda. Tra i femminielli ricorda Vincenzo, che abitava in un basso al rione San Giovanniello, in via San Giovanni e Paolo. Vendeva sigarette di contrabbando e della sua alcova faceva il luogo di incontro e di riunioni degli omosessuali della zona, impegnati nella lotta per liberare Napoli dai tedeschi.
Madre Ermelinda, suora francescana del convento del Sacro Cuore all'Arenella, salvò una ventina di giovani dai rastrellamenti, facendoli nascondere in un ripostiglio coperto da un pesante armadio. Appena le truppe passarono, liberò i ragazzi e li incitò a scendere in strada e combattere.
Il padre barnabita Matteo Lisa, ben coadiuvato da don Igino Pinto e da don Erberto D'Agnese, scelse una barricata di via Salvator Rosa per fare la sua parte dietro una mitragliatrice.

Insieme alla più nota Maddalena Cerasuolo, allora ventitreenne, combatté la cinquantenne Eleonora Paduano lanciando contro i blindati tedeschi mattoni e resti delle macerie dei palazzi e a causa di queste «armi improprie» non le sarà riconosciuta la qualifica di partigiana.

La popolana Emilia Scivoloni assicurò il pane a una trentina di giovani nascosti tra le sterpaie dei Camaldoli. Amalia Liguori e Anna Murolo, di Ottaviano, diedero vita a una improvvisata manifestazione contro i tedeschi utilizzando pentole e coperchi per fare un po' di rumore, finendo arrestate dai carabinieri. L'attacco ai nazisti asserragliati nello stadio Collana, raccontato in ogni momento della sua evoluzione, è stato il primo episodio in cui, quello che si riteneva l'esercito più potente al mondo, fu costretto a scendere a patti con la popolazione sventolando bandiera bianca alle 2 di notte.

Tra i luoghi delle battaglie meno note via Bernini, con i napoletani del Vomero capeggiati dal colonnello Antonio Tarsia, che scelse come rifugio le aule della scuola Sannazaro. A Ponticelli ci fu una delle stragi più efferate, con il massacro di civili inermi catturati casa per casa dai nazisti e freddati in strada, notizia ribattuta, insieme alla resistenza locale, da Radio Londra.

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Il Mattino