Non studiano né lavorano: 34% di Neet, la Campania si conferma maglia nera

E il 20% delle Neet sul totale della popolazione dei Neet italiani sono madri inattive

Non studiano né lavorano: è allarme Neet in Campania
Due milioni secondo l'Istat nella fascia di età 15-29 anni. Poco più di 3 milioni se si arriva ai 34 anni secondo Svimez, Eurispes, Censis, Action Aid, Cgil e...

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Due milioni secondo l'Istat nella fascia di età 15-29 anni. Poco più di 3 milioni se si arriva ai 34 anni secondo Svimez, Eurispes, Censis, Action Aid, Cgil e altri. Tantissimi, sicuramente troppi i Neet in Italia, il Paese che ne ha più di tutti nell'Ue. Più di un terzo nel Mezzogiorno, oltre il 50% donne, un esercito di 1,7 milioni. I giovani che non studiano né cercano un lavoro sono pressoché stabili da alcuni anni. Il picco nel 2014, ricorda Svimez nel Rapporto 2022, con il 27,4% rispetto al totale dei giovani tra 15 e 34 anni. Poi la percentuale è scesa moderatamente per risalire con la crisi pandemica e attestarsi infine al 24,4% nel 2021 (per il Censis l'attuale tetto è 23,1% rispetto al 23,7% dell'anno precedente). Variazioni quasi insignificanti, la media europea resta distante di almeno 10 punti. Difficile, in ogni caso, avere dati precisi, la fluidità di calcolare l'appartenenza ai «Not in Employment, Education or Training» è dominante. Secondo «Neet Working», il Piano di emersione e orientamento giovani inattivi realizzato dall'ex ministra per le Politiche giovanili Fabiana Dadone, in collaborazione con il ministero del Lavoro, un giovane su 3 fra i 20 e i 24 anni non studia né lavora, mentre tra i 15 e i 19 anni, uno su 10 è fuori dal mondo della scuola e del lavoro.

È la conferma che il problema si è ormai cronicizzato al di là delle oscillazioni periodiche sugli inattivi misurate mensilmente dall'Istat. Nel Sud, in particolare, il fenomeno riguarda ormai una fascia di popolazione di età sempre più avanzata e di entità senza paragoni nel panorama europeo (Campania in testa con il 34,1%, seguita da Puglia 30,6%, Calabria 33,5% e Sicilia 36,3%). Di sicuro, la forte concertazione dei Neet contribuisce a spiegare perché il ritardo dell'occupazione meridionale rispetto alla media nazionale e ai valori del Settentrione oscilla da anni sempre intorno ai 20 punti. La ripresa dell'economia del Sud, tra turismo e costruzioni, è servita solo a non ingigantire ulteriormente il gap, non a ridurlo in maniera sostanziale. 

Un recente Rapporto Censis sui processi formativi e sul sociale spiega, alla vigilia della Giornata mondiale dell'istruzione proclamata dall'Onu per domani, che le altre nazioni europee sono ben distanti: alle spalle dell'Italia si colloca la Romania (20,3%), quindi la Bulgaria (17,6%) e la Grecia (17,3%), più distanti i Paesi Bassi e la Svezia che sono gli Stati comunitari con il minor numero di Neet al loro interno (rispettivamente 5,5% e 6%).

Un quadro preoccupante di disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza, è stato presentato di recente da ActionAid e Cgil nel Rapporto «Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche», insieme a una serie di raccomandazioni destinate al nuovo governo e al Parlamento per indirizzare le politiche nazionali e territoriali per i giovani. Emerge tra l'altro che i Neet sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a riprova del fatto che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione. Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei Neet: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine; tra questi c'è un'ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri Neet rispetto ad un 3% di padri. 

Inoltre, la più alta percentuale di giovani Neet donne, pari al 27% sul totale della popolazione Neet, si concentra tra le persone inattive che non cercano e non sono disponibili. E il 20% delle Neet sul totale della popolazione dei Neet italiani sono madri inattive. La motivazione all'inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro. «I Neet italiani sono per la maggior parte inattivi, persone cioè che, scoraggiate, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile. C'è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Rispetto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro) il dato preoccupante è relativo al tempo: il 36,3% dei disoccupati è in cerca di un lavoro da più di un anno. Quasi 1 su 2 ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna», spiega lo studio. 

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Il Mattino