Brevetti e prototipi, a Napoli il nuovo polo per le startup

Brevetti e prototipi, a Napoli il nuovo polo per le startup
Tim Cook, prima di riuscirci, ripeteva spesso ai suoi: «Apriamo un centro di ricerca a Napoli, che è uno dei luoghi più sfidanti della Terra». Cresce del...

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Tim Cook, prima di riuscirci, ripeteva spesso ai suoi: «Apriamo un centro di ricerca a Napoli, che è uno dei luoghi più sfidanti della Terra». Cresce del 20 per cento all'anno l'investimento verso l'innovazione al Sud. In Italia, su oltre un miliardo di euro raccolto, il finanziamento verso le start up da parte del venture capitale vale poco, intorno ai 200 milioni di euro. Di questi il 10 per cento del totale è stato impegnato nelle regioni meridionali. Ma questi numeri non restituiscono le potenzialità esistenti. Racconta Fabrizio Landi, già fondatore di un colosso della biomedica come Esaote e adesso alla testa del fondo di investimento chiuso Panakes: «Il Meridione è una fucina incredibile di idee. Lo dimostra il centro di San Giovanni, dove Apple e Cisco hanno messo 100 milioni di euro ciascuno. Nel cassetto della Federico II o del Politecnico di Bari ci sono miliardi di progetti innovativi. La storia economica ci insegna che investire nei territori che corrono più lentamente ci sono più idee e ci sono margini più alti di ritorno. Al Sud c'è una qualità della vita che stimola le genialità e ci sono centri di ricerca all'avanguardia, che se sostenuti possono generare ogni anno 100 start up di valore e decine di migliaia di posti di lavoro».

 
Come detto, il mondo del venture capital - compreso quello istituzionale targato Cassa depositi e prestiti - ha dato benzina a circa 9.300 start up e creato un giro d'affari di 1,2 miliardi di euro e oltre 50mila posti. Soltanto in Campania, stando agli ultimi monitoraggio fatti nel 2018, sono nate 734 di queste realtà, che scendono a 508 in Sicilia, 312 in Puglia, 188 in Calabria, a 97 in Basilicata e 55 in Molise. Al riguardo è interessante l'esperienza da investitore di Landi: «Ho ricevuto finora 360 proposte sulle quali puntare. Di queste 120 arrivavano da startupper meridionali. Personalmente, sui sei progetti che seguo in Italia, tre sono al Sud: partecipo a Napoli, con un investimento complessivo di 3 milioni di euro, a una startup nata da un'idea dei ricercatori dell'istituto Pascale, che hanno rivoluzionato le cure di alcune neoplasie con i semini radioattivi che bruciano la massa tumorale. Per evitare che questi semini rovinino le parti sane, all'Ircss napoletano si sono resi conto che bastava attaccarli con la colla nell'area sulla quale intervenire. A Lecce ho investito quasi 4 milioni in uno spin off del Cnr sulla diagnostica precoce dell'osteoporosi. A Campobasso, con il nostro intervento da 2 milioni di euro si è sviluppata una pomata che con una particolare batterio tratta le dermatiti acute dei bambini».


Nelle prossime settimane Cdp annuncerà l'avvio di un fondo per investire nelle start up innovative. Con una dotazione di un miliardo di euro, il veicolo dovrebbe essere una Sgr impegnata come cosiddetto fondo dei fondi per dare risorse ad altri investitori impegnati in questa direzione. Il governo italiano ha deciso che i Pir - i piani individuali di risparmio - debbano spendere il 3,5 per cento di quanto raccolto nei venture capital. E anche il Sud si muove velocemente su questo fronte: l'ex rettore del Sant'Anna di Pisa Riccardo Varaldo ha deciso di trasferire a Napoli la sede del Citec (Centro di innovazione e tecnologia) per aiutare le università del Mezzogiorno a trovare soldi per sviluppare i loro progetti e dare loro una struttura industriale. Leonardo ha offerto gratuitamente ai giovani ricercatori spazi nel suo stabilimento di Nola. Invitalia, con Resto al Sud e il veicolo Investitalia, ha contribuito a incubare circa 2.200 imprese di under36. «Con Varaldo - conclude Landi - pensiamo di raccogliere attraverso il Citec 2 o 3 milioni di euro per aiutare le università a superare due gap tipicamente italiani che nel Mezzogiorno hanno ripercussioni molto profonde: la difficoltà a brevettare le idee e di produrre quella che noi chiamiamo Proof of concept, cioè una prima sperimentazione che dimostra che il progetto in corso possa funzionare. Ma per farlo servono esperienze che qui mancano». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino