Avvocati, nuovo duello Bianco attacca Ciruzzi

Avvocati, nuovo duello Bianco attacca Ciruzzi
Due big che revocano la loro candidatura, il presidente degli avvocati Maurizio Bianco che attacca un veterano del calibro di Domenico Ciruzzi, mentre questo pomeriggio si decide...

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Due big che revocano la loro candidatura, il presidente degli avvocati Maurizio Bianco che attacca un veterano del calibro di Domenico Ciruzzi, mentre questo pomeriggio si decide sul da farsi: ore 15, il Consiglio dell'ordine degli avvocati si riunisce per stabilire se votare il 28 gennaio, come in calendario, o se spostare le urne ad altra data, come per altro approvato in questi giorni dalle assemblee di Nola, Torre Annunziata e Benevento. Ma torniamo alla querelle esplosa in Tribunale. Ieri sera il presidente Bianco firma una nota durissima contro il penalista Ciruzzi (per 4 anni consigliere dell'ordine, poi ex presidente della camera penale vice presidente di Unioncamere). A scatenare l'ira di Bianco una dichiarazione di Ciruzzi sulla questione della incandidabilità di chi ha già svolto due mandati, ma anche sui pareri espressi sul cosiddetto caso Napoli (dove il consiglio in carica dura da meno di due anni). Dunque, la nota di Bianco: «Dalla mia bocca mai è stata pronunciata offesa nei confronti di un collega. Resto sbigottito dalla violenza con la quale l'avvocato Domenico Ciruzzi possa qualificare un parere di un illustre giurista come tragicomico e comprendo il disagio che ha spinto Pino Vitiello ed Arturo Frojo a ritirare la loro candidatura, di fronte a tali esternazioni. Credo che la discussione debba ricominciare a seguire i canoni di un confronto civile tra avvocati e che debba riguardare l'opportunità di eventuali ricandidature e non la loro legittimità, che è stata ormai chiarita senza ombra di dubbio. Ed a proposito di opportunità non va sottovalutato che il politicamente longevo Tafuri siede in consiglio dal 2002, ben nove anni prima di me, e continua a percepire i rimborsi come delegato a Cassa Forense, ruolo che ancora oggi ricopre. Se le prediche provengono da questi pulpiti, non ci resta che votare». Controreplica di Ciruzzi: «È risibile ciò che afferma Bianco, che inizia dicendo di non aver mai offeso nessuno e termina offendendo un collega rispettabile come Tafuri. Ribadisco che circolano molteplici elucubrazioni pseudogiuridiche così tragicomiche da spiegare almeno in parte il declino delle classi professionali meridionali. Di violenta c'è solo la sua pervicacia di presentare una candidatura che è contro disposizioni vigenti».


 

IL CASO FROJO

Ma andiamo con ordine a ripercorrere una giornata convulsa, segnata da una mossa densa di significato: ieri mattina l'avvocato Arturo Frojo, penalista di riconosciuta esperienza professionale ha deciso di revocare la propria candidatura. Meno di due anni fa, riscosse oltre duemila voti. «Resto convinto che tutti siamo candidabili - spiega Frojo -, dal momento che gli uscenti di questo Consiglio hanno sostenuto solo un anno di mandato e la legge non può essere applicata retroattivamente, come autorevoli giuristi hanno affermato, mi riferisco al professor Giovanni Verde. Registro purtroppo un imbarbarimento del clima elettorale, che rende spaccata l'avvocatura». Ma come interpreta il dibattito sulla incandidabilità esploso in Italia e a Napoli? «La politica ha sempre cercato di depotenziare i consigli dell'ordine, rendendolo poco autorevoli e poco rappresentativi. Rispetto il principio dell'alternanza, sono da sempre sostenitore delle nuove generazioni, ma credo anche che l'esperienza sia un valore irrinunciabile». Intanto, il dibattito sul caso Napoli fa registrare più voci. Spiega il consigliere indipendente Gabriele Esposito: «Si vada alle urne nella data fissata. Chi riesce ad ottenere in pochi giorni l'emanazione di un provvedimento governativo per un eventuale rinvio delle elezioni forensi si adoperi in tal senso anche per il ripristino delle tariffe forensi e degli altri temi veramente cari all'Avvocatura». In campo da ieri, ma come indipendente, anche la penalista Barbara Berardi, che con un comunicato stampa aveva sollevato il problema dei «senatori» e della loro incandidabilità, mentre per Antonio Valentino, va auspicato un rinvio di 60 giorni per «la conversione in legge del decreto sulla incandidabilità, per evitare scongiurare il caos di ricorsi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino