Cancellato il ticket regionale di 10 euro a ricetta. La misura riguarda le prestazioni ambulatoriali (visite specialistiche, analisi di laboratorio, indagini diagnostiche come...
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L’obiettivo del presidente della Regione è chiaro: riportare nel Servizio sanitario regionale tutta una serie di prestazioni oggi pagate direttamente, di tasca propria, dai cittadini che trovano più conveniente ricorrere al regime privatistico (out of pocket) in quanto l’esborso risulta inferiore o uguale a quello che sarebbero costretti a pagare conteggiando i ticket. Una forma di compartecipazione alla spesa che finora aveva funzionato da disincentivo a richiedere alcune prestazioni e indagini a carico del Servizio sanitario regionale.
Ogni prestazione è infatti pagata per intero fino al tetto massimo di 36,15 euro con l’aggiunta di 10 euro di quota fissa per ricetta di competenza nazionale cui si aggiungevano altri 10 euro di quota regionale che portavano a 56,15 euro l’esborso finale per i cittadini. Sotto tale soglia i 10 euro regionali sono stati aboliti. Visite ed esami che, entro tale soglia di costo, diventavano dunque più convenienti da pagare direttamente anziché richiesti con la ricetta, con il vantaggio di non dover passare per lo studio del medico di famiglia per la prescrizione. Insomma tutto quello che finora il cittadino pagava meno di 56,15 euro avrà un costo inferiore, con un risparmio netto di 10 euro a prestazione, se ciascun esame o visita specialistica sarà richiesta su presentazione di ricetta medica. Un vantaggio di cui godranno esclusivamente i cittadini non esenti, in quanto gli altri (esenti) già erano esclusi da tale maggiorazione. Per poliambulatori e gabinetti specialistici, dove si effettuano tali esami, non cambia nulla tranne i tempi di riscossione dalle Asl del corrispettivo dell’esame o visita effettuata. Il costo finale della prestazione resta infatti identico.
Le Asl incasseranno una parte di tale spesa con i ticket residui (che continueranno a essere a carico dei cittadini, ossia il valore della prestazione fino a 36,15 euro e i 10 euro a ricetta di competenza nazionale) mentre l’altra quota di 10 euro sarà appunto abolita e messa a carico delle casse della Regione.
Nessuna novità, invece, riguardo ai 2 euro a ricetta che i cittadini pagano sulle prescrizioni dei farmaci. Resta in piedi, a carico del cittadino, anche la differenza di costo tra il farmaco generico (a basso prezzo) e quello che ha un brand più noto e a brevetto scaduto che non si sia allineato alla media del minor costo.
Intanto la Regione e la Struttura commissariale lavorano con gli organi di Federfarma per una riforma complessiva dei Cup (Centri unici di prenotazione).
L’obiettivo è allargare le funzioni del canale di prenotazione di visite, esami e ricoveri in farmacia. Attualmente l’utilizzo di tale modalità costa alle tasche dei cittadini 2 euro a prenotazione. Dati ancora preliminari (stabiliti con certezza solo a Napoli 1 dove sono state conteggiate nell’ultimo anno circa 500mila prestazioni) limiterebbero a pochi milioni di euro l’eventuale abolizione di tale esborso per gli assistiti. Come contropartita si potrebbero però potenziare i Cup nelle farmacie deputandoli ad assorbire in via esclusiva tale funzione sottraendola ad Asl e ospedali. Questi libererebbero così diverse decine di unità di personale, soprattutto infermieristiche, (di cui c’è grave penuria), attualmente impiegate in attività amministrative, restituendole alle funzioni assistenziali cui sono state finora sottratte. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino