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«Le misure nazionali e regionali non guardano» agli ultimi. «Guardano, legittimamente, altrove. Ma ciò significa che questa sacca di povertà vera e incontestabile, non solo dichiarata dinanzi a un modulo telematico, è tutta integralmente a nostro carico». Usa parole dure Carlo Mele, delegato regionale Caritas Campania, per spiegare il senso della lettera-appello inviata al presidente della Regione Vincenzo De Luca. «Ci siamo visti sabato scorso insieme ai direttori delle altre Caritas campane - spiega per confrontarci di fronte alla prospettiva di un nuovo lockdown. Sarebbe la fine per quelli che frequentano ogni giorno, nel rispetto delle misure anti Covid, mense, dormitori, carceri e centri di salute mentale. Attività che non hanno mai chiuso in questi mesi - tiene a precisare Mele - ora con queste ordinanze regionali non si tiene conto degli invisibili, ossia quelli che vivono in strada, che non possono o non sanno usare un computer, un ipad, un telefono cellulare. Anziani soli, mamme con figli che non hanno più nemmeno lavori saltuari, papà separati. Che fine faranno queste persone se si chiuderà tutto?».
«Siamo spaventati dagli scenari a cui potremmo andare incontro con un nuovo blocco totale». Suona più o meno così l'incipit della lettera-appello che il delegato campano della Caritas, Carlo Mele, ha inviato al governatore della Campania Vincenzo De Luca a nome dei direttori di tutte le Caritas regionali.
«Durante la prima ondata, quella del cosiddetto andrà tutto bene - scrive Mele - le nostre Caritas hanno assistito una marea di invisibili che decine di Dpcm, ordinanze e decreti non hanno nemmeno sfiorato: chi una casa non ce l'ha (e quindi non poteva restare a casa); chi non ha gli strumenti per decriptare norme, misure e indirizzi sanitari, sociali, economici; chi non sa compilare un modulo; chi non ha una connessione per seguire i social o garantire l'istruzione ai minori; chi associa disagio economico, psichico e solitudine».
Il Mattino