Casoria, genitori denunciano i figli: «Sono rapinatori»

Tre minorenni spinti dalle famiglie a confessare

Processo ai rapinatori
Li hanno accompagnati in caserma dai carabinieri. E li hanno spinti a confessare i reati consumati nel corso degli ultimi mesi. Non solo quelli per i quali erano in corso le...

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Li hanno accompagnati in caserma dai carabinieri. E li hanno spinti a confessare i reati consumati nel corso degli ultimi mesi. Non solo quelli per i quali erano in corso le indagini, grazie alla denucia di una delle vittime, ma anche i reati che non erano stati scoperti. Una piccola, grande svolta, dinanzi al giudice del Tribunale dei minori, che premia l’esempio offerto dai genitori di tre giovani indagati per rapine a mano armata. Un caso culminato domenica scorsa nel blitz dei carabinieri di Casoria, che hanno notificato ai tre minori un ordine di permanenza in casa a carico di tre minorenni ritenuti responsabili di rapine consumate ai danni di alcuni coetanei. Ma la novità sta nell’atteggiamento assunto dai genitori dei tre babyrapinatori, che hanno spinto i loro figli a consegnarsi alle forze dell’ordine. Quindi: non hanno ostacolato le indagini, non hanno provato a cancellare le prove, come accade spesso in contesti di giovanissimi alle prese con accuse della magistratura, ma hanno preteso che i loro figli rendessero confessione piena delle loro malefatte.

È stato il gip Angela Draetta a valorizzare il lavoro dei militari dell’arma, ma anche e soprattutto a sottolineare l’esempio offerto dai genitori dei tre giovani malviventi. Scrive il giudice Draetta, nel disporre l’obbligo di dimora a casa (e non gli arresti in cella): «Una misura idonea ad assicurare le esigenze cautelari, atteso che le rispettive famiglie hanno rivelato la capacità di recuperare autorevolezza e guida educativa inducendo i ragazzi a costituirsi, sicché è ipotizzabile che sapranno adeguatamente contenerli. Al contempo, la limitata possibilità di movimenti imposta dalla cautela varrà a scongiurare nuovi incontrollati progetti criminosi». Con lo stesso provvedimento, il giudice stabilisce che i tre minori potranno uscire di casa solo per frequentare le lezioni scolastiche, ovviamente in attesa della definizione del processo. 

Un caso più unico che raro, quello che si è registrato alle porte di Napoli. Siamo a Casoria, zona battuta da una gang di tre minorenni, che agiscono a più riprese a partire dallo scorso autunno. Parliamo di G.P., classe 2008, di C.B., del 2009, e di K. F. del 2009. Agiscono in gruppo e sfoderano sempre lo stesso modus operandi. Sono armati di coltelli, puntano ai loro coetanei. Secondo i carabinieri, sono attratti da un modello di vita all’insegna del denaro, dal momento che puntano ai soldi e ai cellulari di ultima generazione. Le loro vittime? Ragazzini della loro età, coppie di fidanzatini aggrediti dal trio, sotto la minaccia di coltelli. E non è tutto. Una volta strappati i cellulari - si legge nella misura cautelare -, in quanto attratti dallo stile di vita segnato dalla «determinazione a trarre profitto economico dalle loro gesta», non esitavano a recarsi in alcune zone di Napoli per piazzare la refurtiva nelle mani dei ricettatori. Ed è così che si sono diretti nei pressi di Porta Capuana, riuscendo a vendere smartphone di ultima generazione, «entrando in contatto con ambienti poco raccomandabili». 

Una vicenda che fa registrare una svolta, grazie alle indagini dei carabinieri, che sfruttano un frame delle immagini del sistema di videosorveglianza che inquadra una rapina consumata il 12 ottobre del 2023, con tanto di numero di targa del mezzo usato dal trio. Poi arriva la coraggiosa testimonianza di un ragazzo, una delle giovani vittime del gruppetto. In sintesi, agli atti finisce il racconto dell’aggressione subita dal giovane, che fornisce alcuni elementi che consentono di identificare i tre baby malviventi. Ma il vero balzo in avanti si registra quando i tre giovani rapinatori vengono accompagnati in caserma dai carabinieri da mamma e papà. Vengono spinti a consegnare i polsi e a confessare. E si capisce che non si tratta di una mossa strumentale, finalizzata solo ad evitare il carcere. I tre minori raccontano infatti alcuni aspetti inediti, che non rientravano nelle indagini della prima ora. Parlano dell’aggressione a carico di un’altra coppia di fidanzatini, ma anche di due ragazze derubate. E svelano particolari non noti, grazie all’assunzione di responsabilità (ovviamente sul piano morale ed educativo) dei rispettivi genitori. Quanto basta a spingere Procura e giudice dei Colli aminei a rimodulare il ragionamento, a proposito delle esigenze cautelari. È opportuno non alimentare il senso di impunità - si legge nel provvedimento -, ma è anche doveroso raccogliere e valorizzare l’esempio offerto dai genitori. Parliamo di persone che tornano a riconquistare la propria autorevolezza, proponendosi come esempi, come guida al cospetto dei loro stessi figli. Niente carcere, dunque, ma obbligo di dimora a casa. Niente Nisida, niente “mare fuori”, ma arresti domiciliari, unica uscita per la scuola: tutto il giorno al cospetto dei propri genitori modello. 

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Il Mattino