Napoli, assalto ultrà ai tifosi della Roma: «Li abbiamo uccisi a cazzotti e calci»

Napoli, assalto ultrà ai tifosi della Roma: «Li abbiamo uccisi a cazzotti e calci»
Un agguato in piena regola, pianificato in ogni minimo particolare. Dietro l'assalto che si consumò il cinque aprile scorso a Napoli, a pochi metri dall'aeroporto...

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Un agguato in piena regola, pianificato in ogni minimo particolare. Dietro l'assalto che si consumò il cinque aprile scorso a Napoli, a pochi metri dall'aeroporto di Capodichino, ai danni di tre tifosi romanisti rientrati in Italia dopo una trasferta a Barcellona ci fu la mano di una squadraccia di ultrà violenti azzurri: quattro di loro appartenenti al gruppo «Secco Vive» ed uno alla sigla «Masseria». La svolta investigativa è arrivata ieri, con l'esecuzione di cinque ordinanze di custodia cautelare che hanno portato in carcere i presunti responsabili del raid.

 
Le fasi del drammatico assalto sono state ricostruite dalla Digos di Napoli, diretta da Francesco Licheri. Gli agenti della sezione «Tifoseria» della Questura sono giunti all'identificazione dei responsabili grazie a una scrupolosa indagine basata sulle testimonianze delle vittime, ma soprattutto grazie ad alcune immagini dei sistemi di videosorveglianza e - soprattutto - alle intercettazioni delle utenze telefoniche in uso agli indagati. Ma per inquadrare compiutamente i fatti bisogna tornare alla giornata del cinque aprile: a quando, cioè, da un aereo decollato da Barcellona e atterrato a Napoli Capodichino scendono tre giovani tifosi giallorossi che la sera precedente avevano assistito al Camp Nou alla partita di Champions League tra Barcellona e Roma. Una scelta, quella di optare sullo scalo aereo partenopeo, dettato dal fatto che tutti gli altri voli diretti su Roma erano fully booked, cioè senza un solo posto libero.
 
Ma com'è possibile che gli ultrà azzurri sapessero che la destinazione dei romanisti era proprio Napoli? Com'erano in grado di conoscere i loro spostamenti, e addirittura l'orario del loro arrivo? Semplice: i violenti «studiavano» da mesi i profili Facebook dei tre giallorossi. Sulle loro pagine del social network avevano improvvidamente pubblicato tutto, senza ovviamente immaginare di essere spiati. E, invece, ad attenderli nella sala arrivi dell'aeroporto di Capodichino, c'erano proprio i cinque finiti ieri in manette: Carmine Cacciapuoti, Diego Infante, Carmine Della Cerra (quest'ultimo leader del gruppo Masseria), per i quali si sono aperte le porte delle celle di Poggioreale; e poi Michele Palladino e Antonio Rega, per i quali il gip ha disposto gli arresti domiciliari. L'inchiesta è stata coordinata dai pubblici ministeri Stefano Capuano e Danilo De Simone, con la supervisione del procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio.

Una volta sbarcati a Capodichino i tre romanisti vengono pedinati dalla squadra di ultrà della Curva A. I giallorossi hanno noleggiato un Van con il quale dovranno proseguire il loro viaggio verso la Capitale. Ma, una volta usciti sul corso Secondigliano, i napoletani sbarrano loro la strada, aprono i portelloni del mezzo e iniziano a picchiare duro.

La portata del raid viene ricostruita dalla stessa voce di uno degli arrestati, che conversando al cellulare con un altro ultrà spiega le fasi dell'azione violenta vantandosi di «esserli andati a prendere fin dentro l'aeroporto». È Diego Infante a parlare: «Fratè - dice - me li sono andati a prendere fin dentro l'aeroporto! Eravamo quattro di noi: abbiamo aperto il portellone e li abbiamo uccisi di mazzate. Io ho iniziato a menare cazzotti e calci, bunghete e banghete.... Vi dobbiamo sfondare la testa, continuavamo a dir loro. E ringraziate se non vi accoltelliamo, solo perché non abbiamo armi addosso...».


Furono dieci minuti di puro terrore, quelli vissuti dalla comitiva dei romanisti al corso Secondigliano. Mentre i napoletani si accanivano su di loro c'era chi aggiungeva, con tono ulteriore di sfida: «E dite ai vostri amici romanisti che li fotteremo, che dobbiamo anche a loro sfondare la testa!». Non contenti del pestaggio, gli ultrà azzurri derubarono anche le vittime di alcuni oggetti personali e di uno zaino contenente - tra l'altro - i loro documenti di identità. Per tutti questi fatti i cinque indagati sono accusati di reati gravi: concorso in rapina, lesioni aggravate, minacce e danneggiamento. Nelle prossime ore i cinque verranno interrogati dal giudice per le indagini preliminari. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino