Stesa nel Parco Verde di Caivano, la scoperta: «Colpita la mia auto, potevo morire»

Stesa nel Parco Verde di Caivano, la scoperta: «Colpita la mia auto, potevo morire»
A cinque giorni dalla sparatoria al Parco Verde messa in atto da una ventina di camorristi armati con pistole e kalashnikov, uno dei residenti del rione scopre che la sua auto era...

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A cinque giorni dalla sparatoria al Parco Verde messa in atto da una ventina di camorristi armati con pistole e kalashnikov, uno dei residenti del rione scopre che la sua auto era stata colpita da un proiettile di grosso calibro all'altezza dei numeri della targa, con l'ogiva che si è conficcata nello schienale del sedile posteriore della vettura. L'uomo, un artigiano che lavora a Napoli nell'attività cinquantennale di famiglia, completamente estraneo ad ambienti e logiche criminali, nemmeno si era accorto di quanto accaduto.

Ad avvisarlo è stato uno degli addetti alla stazione di autolavaggio dove l'uomo abitualmente porta la sua auto. «Certo che ho avuto paura dice al telefono perché qualcuno della mia famiglia, io stesso, potevano fare la fine di Annalisa Durante, della piccola Noemi, di Genny Cesarano, uccisi perché è la camorra che si trova sempre nel posto sbagliato, decide quando e come vuole regolare i conti tra la gente. E queste morti non sono tragedie per un destino sfortunato, ma punti di una resa scandalosa e inaccettabile dello Stato, che non trova ancora soluzioni al problema della criminalità organizzata che agisce nell'ambito di un solo piccolo quartiere». Un fiume in piena e parole che pesano come piombo su quello che accade al Parco Verde. L'artigiano ha già contattato i carabinieri per la denuncia, in modo che la Scientifica possa effettuare i rilievi sulla vettura. «Quanto mi è accaduto - racconta - mi ha riportato alla memoria la morte del piccolo Nicholas Green, ucciso a sette anni sull'autostrada A3 Napoli-Reggio Calabria mentre dormiva in auto con i genitori e la sorellina. Un colpo di pistola non destinato certo a lui entrò nella vettura, proprio all'altezza del sedile posteriore. Quel caso, giustamente, sollevò un'ondata di sdegno internazionale. La stesa del Parco Verde, con tutto quello che qui potrebbe ancora succedere, è già finita già del dimenticatoio. Siamo di serie Z oppure no?



Che siano agli ultimi posti, le anime del Parco Verde, ne è convinto don Maurizio Patriciello, parroco in prima linea che con le unghie e i denti cerca di tenere l'attenzione dei media e soprattutto quella dei politici su quanto sta accadendo al Parco Verde. Da giovedì sera ha sospeso il campo estivo della parrocchia, per non mettere in pericolo l'incolumità dei bambini. Qui tutti sanno, e di conseguenza si adeguano, al fatto che dopo quella cruenta sparatoria ci sarà la risposta da parte di chi era destinatario del messaggio. Risultato? Il quartiere da cinque giorni è sotto coprifuoco. Nessuno esce, se non per brevissimo tempo, i bambini consegnati in casa, i pochi negozi e tutti i viali deserti. Seimila persone sotto scacco. Uno scandalo inaccettabile, e che brucia ancora di più perché questa situazione imporrebbe misure immediate. E invece i rinforzi promessi dal ministro dell'Interno al ministro Mara Carfagna, in visita a don Patriciello il giorno successivo alla stesa , ancora sono una chimera. Perché? Forse ha ragione don Maurizio, quando grida il suo dolore con parole brucianti: «I bambini, le persone oneste e la società civile, che pure esiste in questa anticamera dell'inferno, o non sono cittadini italiani, o, se lo sono, non contano niente».



Chi invece non demorde e non arretra di un millimetro sono i carabinieri della locale tenenza, supportati dai colleghi della compagnia di Casoria, diretta dal maggiore Diego Miggiano, che pure devono controllare un territorio infestato da ben dieci tra clan e piccole cosche, le più pericolose. Da tre giorni effettuano controlli e perquisizioni, facendo l'appello a un centinaio di detenuti agli arresti domiciliari. Solo ieri, dopo il sequestro di una pistola, i militari in un vano condominiale hanno sequestrato 49 stecchette di hashish del peso complessivo di 107 grammi, 46 bustine di marijuana, 198 dosi di kobret e 32 di crack. In un altro isolato hanno sequestrato 179 dosi di cocaina, due ricetrasmittenti, 1 bilancino di precisione e 784 euro in contante ritenuto provento illecito. Non c'è gioia in questi numeri. Le piazze di spaccio sono ferme, in attesa della prossima ondata di sangue.
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Il Mattino