Ore 6,30 del mattino di ieri, pronto soccorso del Cardarelli, reparto di Osservazione breve intensiva: qui sono ricoverati 72 pazienti a cui badano 2 medici di turno e 6...
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Camici bianchi in prima linea ma in fuga. Medici ma anche infermieri. Professionisti di lungo corso che, quando possono, chiedono trasferimenti verso altre realtà ospedaliere. Come il Cto e l’Ospedale del Mare dove nell’ultimo anno sono nati due nuovi pronto soccorso. Eppure se Atene piange Sparta non ride. All’Ospedale del Mare in pronto soccorso e negli 8 posti di Osservazione intensiva sono al lavoro, da metà settembre, solo 15 medici sui 32 previsti. Oggi al Cardarelli si registrano in media 250 accessi al giorno mentre a Napoli est sono poco meno di 200. Nessun medico del Cardarelli è andato al nuovo ospedale di Napoli est, però nel nuovo concorso Asl Napoli 1 che inizia oggi ci sono 4 specialisti del Cardarelli che hanno presentato domanda e che potrebbero presto traslocare a Napoli est.
Non è dunque del generico e annoso problema delle barelle presenti all’emergenza del Cardarelli che parliamo, ma del malessere organizzativo, della funzionalità a lungo termine, di questo specifico imbuto clinico e assistenziale a valle del pronto soccorso (dove tra triage e attesa di indagini le barelle sono fisiologiche) e a monte dei reparti che nei 15 padiglioni dell’ospedale compongono un’offerta assistenziale in cui si contano circa 900 posti letto. Quasi il doppio della dotazione completa che avrà a regime l’Ospedale del mare. Sono dunque l’organizzazione interna dei flussi di malati, la routine delle procedure per le accettazioni e dimissioni dei pazienti, i punti da rivedere. È la previsione delle guardie interpadiglionali di notte e nei fine settimana l’anello debole che appesantisce il lavoro al pronto soccorso. Di questo e di altro si parlerà in una riunione convocata per la metà di questa settimana dal direttore generale Ciro Verdoliva. Il manager proverà ancora una volta a mediare tra i due rami dell’ospedale, tra l’emergenza e l’attività ordinaria.
«Io c’ero - racconta un medico che dal pronto soccorso del Cardarelli è andato via da qualche mese - come molti altri precari all’inizio di questa avventura ospedaliera. Sette anni fa al Cardarelli fu inaugurato un modo nuovo di fare urgenza. Eravamo una pattuglia di giovani e meno giovani di belle speranze con un’aspettativa lavorativa molto più buia a causa dello stop alle assunzioni in una regione commissariata e l’unico spiraglio era un lavoro precario. Il sogno di molti di noi a quel tempo era lavorare al Cardarelli e così, tra lavori saltuari e lo studio, ci siamo ritrovati in quello spazio che è il piano -1 del Dea del Cardarelli. Eravamo un gruppo di giovani entusiasti di approdare alla corte di un primario che sulla carta proveniva da una importante esperienza e dalla ricca storia nella realtà ospedaliera napoletana». Un racconto che parte dall’aprile del 2013 quando il reparto di Osservazione intensiva contava 22 posti letto di cui la metà di terapia sub intensiva. Numeri adeguati ad assistere un paziente in urgenza. «Non a caso numeri simili si registrano al Niguarda, gemellato sulle buone pratiche cliniche proprio con il Cardarelli. L’Osservazione breve - prosegue il medico - nasce per snellire il sovrannumero di pazienti. Ma al Cardarelli ben presto questo reparto ultra moderno si è trasformato in uno “sversatoio” di pazienti sovraccaricato da patologie ultraspecialistiche che di urgenza non hanno nulla e che andrebbero subito dirottati nei reparti di degenza. I numeri dei malati, la frequenza di accessi e le condizioni di lavoro sono diventate talmente pesanti che ho scelto di partecipare a un concorso e andare in un altro ospedale dove sapevo di trovare meno stimoli forse, ma anche condizioni di lavoro e assistenziali più umane». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino