L'assessore ai trasporti del Comune di Napoli Mario Calabrese ha già dato prova in questi anni del suo idiosincratico rapporto tra le parole e i fatti. Riqualificazione...
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Dall'alto di questi risultati Calabrese ieri ha attaccato duramente il Mattino, in conferenza stampa e con un post sul suo profilo Facebook, reo di aver scoperto il paradosso dei nuovi treni della metropolitana 6, previsti dal contratto tra il Comune e Ansaldo ma non ancora ordinati, perché troppo grandi per essere calati sui binari dall'unico accesso attualmente esistente alla rete ferroviaria, e in assenza di un nuovo deposito ancora da costruire. Questo abbiamo scritto, spiegando ai lettori anche la sua conseguenza: per i prossimi due anni gli unici mezzi disponibili saranno le carrozze acquistate nel lontano 1990. Aggiungendo che manca l'officina per le manutenzioni ordinarie, con il rischio che sulla linea 6 i treni abbiano la stessa sorte patita sulla Linea 1. Con i conseguenti blocchi della circolazione.
Che poi il paradosso di cui parliamo sia attribuibile all'inefficiente programmazione della giunta Iervolino, è circostanza irrilevante per i napoletani privati di un servizio degno di questo nome. Al cui unico interesse le nostre cronache sono volte.
Calabrese indica il dito per nascondere la luna. Il dito è la parola tunnel, indicata nel nostro titolo di lunedì scorso, e riferita al pozzo di accesso alla rete, attualmente largo solo 27 metri. La lettura del titolo e dell'articolo spiegano senza equivoci di che stavamo parlando. Ma Calabrese invoca la confusione, che non c'è, per coprire la confusione dei suoi quattro anni di gestione dei trasporti e della viabilità urbana.
Nella lettera pubblicata ieri sul Mattino, e nella stessa conferenza stampa, Calabrese in realtà conferma tutto quanto da noi scritto. Salvo parlare di fake-news e invocare un danno all'immagine della città. Ma l'unico danno di immagine è quello prodotto da una gestione dei trasporti piena di obiettivi annunciati e mai raggiunti, e di approssimazione, con la quale i napoletani tutti hanno imparato a convivere.
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Il Mattino