Ugo Russo, baby rapinatore ucciso a Napoli: il giallo dei proiettili e del cadavere spostato

Ugo Russo, baby rapinatore ucciso a Napoli: il giallo dei proiettili e del cadavere spostato
Due colpi al petto, poi il giovane rapinatore che fa qualche passo indietro. Non è finita: ci sono almeno altri due colpi che vengono esplosi non a distanza ravvicinata,...

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Due colpi al petto, poi il giovane rapinatore che fa qualche passo indietro. Non è finita: ci sono almeno altri due colpi che vengono esplosi non a distanza ravvicinata, tanto che il cadavere verrà trovato a ridosso dello scooter, come in un ultimo gesto disperato: quello di accendere il mezzo e scappare via. Scena molto meno chiara di quanto possa sembrare, in cui - a distanza di quindici mesi - non sono chiari due punti in particolare: quanti colpi sono stati esplosi contro il rapinatore; e qual era la distanza tra il rapinatore ammazzato e l’auto di chi ha impugnato la pistola, ha esploso dei colpi (per difendersi da una rapina) e ha ucciso il suo aggressore. È il caso di Ugo Russo, il rapinatore ammazzato in via Orsini (marzo del 2020) da un carabiniere libero dal servizio.

Quindici mesi dopo il delitto, la Procura è al lavoro per definire alcuni aspetti tecnico scientifici legati alla dinamica dell’omicidio, ma anche al numero di colpi esplosi dal militare (alla distanza tra chi ha sparato e il 17enne). Una circostanza, quest’ultima, sulla quale conviene soffermarsi. È un punto decisivo, da qui dipende la storia del possibile processo legato all’omicidio di Ugo Russo. Torniamo al primo marzo di un anno fa, pochi giorni prima che Napoli e il mondo intero piombassero nell’incubo della pandemia: il 17enne Ugo Russo impugna una pistola finta (ma non ha il tappetto rosso), la punta contro l’uomo al volante che ha da poco completato la manovra di parcheggio. Pochi attimi e il carabiniere si difende con la pistola di ordinanza: spara e ammazza il babyrapinatore. Tutto chiaro? Niente affatto. Secondo quanto emerso dalla primissima ricognizione, Ugo Russo viene centrato due volte al petto, probabilmente in modo non mortale. Da cosa deriva questa convinzione? Dal fatto che ha la forza di percorrere ancora qualche passo (non è chiaro quanti metri), indietreggiando, andando a sbattere su un’altra auto, prima di provare a riprendere possesso del suo scooter per scappare. Poi? Cosa accade? Di sicuro c’è un altro colpo che raggiunge il giovane malvivente: non in modo frontale, dal momento che il foro d’entrata lo ha raggiunto tra la nuca e il collo, come in una sorta di torsione legata alla fuga.

Ma c’è un altro aspetto su cui sono al lavoro gli inquirenti. E riguarda la posizione del cadavere. In attesa di leggere le conclusioni formali dell’indagine, si sta verificando se il corpo di Ugo Russo fosse realmente rovinato sullo scooter. E se qualcuno, magari nella concitazione dei soccorsi, lo avesse spostato dalla posizione in cui si trovava. È il punto su cui sono in corso gli ultimi rilievi tecnico scientifici che tengono ancora aperta l’indagine. Una circostanza che - secondo una ricostruzione non confermata - potrebbe essere addirittura suggerita da un video ripreso dall’alto, che attesterebbe la scena finale, quella della posizione assunta dal 17enne nei suoi ultimi istanti di vita. Cosa è successo quella notte? Lo chiedono i genitori di Ugo Russo, che - appena qualche giorno fa - hanno inscenato una protesta civile e composta all’esterno della Procura, prima di essere ricevuti dagli inquirenti. 

Inchiesta condotta dai pm Simone De Roxas, Claudio Siragusa, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Ferrigno, si punta a definire un possibile capo di accusa: un omicidio volontario? Un eccesso colposo di legittima difesa? O un uso legittimo dell’arma detenuta legalmente di fronte alla minaccia vissuta quella notte, di fronte alla sagoma di una persona armata che ti spunta all’improvviso all’esterno del finestrino? Chiedono Verità e giustizia i parenti di Ugo Russo, assieme agli altri esponenti di un comitato che batte su un punto in particolare: Ugo Russo non era un camorrista e nessuno è ancora in grado di dire come sia stato ammazzato. Quanti colpi? E a quale distanza? Rappresentati dall’avvocato Giovanni Fusco, chiedono un processo giusto nei confronti del carabiniere che ha fatto fuoco. Richiesta di trasparenza anche nei confronti di un secondo indagato di questa storia, un altro carabiniere (assistito dall’avvocato Matteo De Luca), accusato di false dichiarazioni al pm. In relazione a cosa? Alla cancellazione di un video dal proprio cellulare. Già, il video: quello che oggi tiene in vita il giallo della posizione del cadavere. 

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Il Mattino