Concorsi in polizia penitenziaria, scoperta tangente da 8.000 euro

Concorsi in polizia penitenziaria, scoperta tangente da 8.000 euro
«Ti devi mettere a squadra... voglio dire... con ottomila euro». E i soldi il Nic li ha pure sequestrati, nella sede del sindacato di polizia penitenziaria Osapp di...

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«Ti devi mettere a squadra... voglio dire... con ottomila euro». E i soldi il Nic li ha pure sequestrati, nella sede del sindacato di polizia penitenziaria Osapp di Monteforte Irpino, poco prima che giungessero a destinazione. Fermati con le mani nella marmellata, vien da dire, o meglio in una bella mazzetta di banconote da 50 euro che avrebbe dovuto consentire a Gerardo Barbato, di Mugnano del Cardinale, di entrare nel corpo della polizia penitenziaria benché daltonico, difetto della vista che presuppone inammissibilità alla richiesta d’ingresso nel corpo. Confonde l’asse rosso-blu, il candidato che, con procedure normali, sarebbe stato escluso a priori dalle prove psicoattitudinali, ma «ce l’hai fatta» esulta la fidanzata, prima ancora che i risultati del concorso per allievi del maggio scorso fossero pubblicati. Avrebbe preso servizio in Procura, a Napoli, questi erano gli accordi. Glielo aveva assicurato suo suocero, Nunzio Bianco, anch’egli residente a Mugnano del Cardinale, poliziotto penitenziario in servizio negli uffici giudiziari del centro direzionale di Napoli. 

Ce l’avrebbe fatta, in effetti, Barbato, se solo i suoi «agganci» non fossero stati intercettati, proprio nel periodo in cui s’intavolavano le trattative per il suo ingresso in polizia, da quella stessa Procura in cui sognava di lavorare. Non sarà mai un poliziotto, Barbato, e ora rischiano il posto suo suocero, che tanto si è prodigato per dare un posto fisso al futuro marito della figlia (con i soldi del consuocero, Edorardo Barbato, indagato a piede libero), e i due soprintendenti addetti ai concorsi, da ieri agli arresti: Maurizio Russo ed Enrico Spena, entrambi irpini, entrambi referenti del sindacato Osapp la cui sede di Monteforte Irpino avrebbero usato come collocamento parallelo per l’arruolamento di agenti nella penitenziaria in cambio di mazzette. I due lavoravano all’Ufficio sicurezza e traduzioni del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, al tribunale di Napoli.

E c’è, tra gli indagati, pure chi sta al di sopra dei contatti campani, il romano Marco Pelosi, alto funzionario del Dap centrale che Spena, Russo e Bianco tirano in ballo più e più volte nelle intercettazioni disposte dalla Procura di Napoli diretta da Giovanni Melillo. «Marco i mille euro se li prende», si dicono gli avellinesi mentre insultano con frasi sessiste il loro capo donna «quella t.. bionda non c’è, vediamoci qui» e prendono appuntamento finanche negli uffici del Palazzo di Giustizia di Napoli per concordare il da farsi per consentire al giovane Barbato di calzare il basco azzurro. 

Cinque misure cautelari (Spena e Russo in carcere, gli altri ai domiciliari) per un caso di corruzione che però, secondo il gip Federica Colucci, è solo la punta di un iceberg. Frasi come «di solito prendono tanto, ottomila euro, duemila a testa» fanno presupporre che «il calcio» (la raccomandazione) come lo definisce la fidanzata dell’aspirante poliziotto in una delle chat acquisite, non sia stato dato solo a Barbato, ma anche ad altri giovani interessati a entrare nella penitenziaria. Le indagini, delegate al Nic dal sostituto procuratore Mariella Di Mauro, sono tutt’altro che concluse. C’è il sospetto, fondato sui dialoghi captati nei due mesi d’indagine (aprile e maggio scorsi), che gli indagati abbiano intascato altro denaro da altri soggetti per favorirli nelle procedure di arruolamento al corpo. 

Se il gip definisce gli indagati «adusi» alle pratiche corruttive, lo fa sulla base delle intercettazioni agli atti - dialoghi di una chiarezza imbarazzante - ma anche sulla scorta degli accertamenti patrimoniali. Il Nic ha sequestrato denaro in contante, assegni circolari e card prepagate. Russo aveva intestato alcune postepay all’anziana madre sulle quali sono confluite nel tempo somme di denaro non giustificabili con lo stipendio che il poliziotto percepisce dal ministero.

Sia durante gli interrogatori che nel corso delle perquisizioni, gli indagati si sono lanciati in maldestri tentativi di depistaggio. Sempre Russo, per dirne una, tentò di nascondere del denaro in tasca sotto il naso degli ufficiali del Nic che gli stavano perquisendo casa. Goffaggine e sistematicità. Sono le percezioni del gip per una vicenda che segna un’altra pagina buia in questa estate nera della polizia penitenziaria dopo lo scandalo dei pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Due storie diverse, è chiaro, ma accomunate dalla convinzione dei protagonisti di passarla sempre liscia e dai depistaggi che, in entrambi i casi, hanno finito per aggravare la posizione degli indagati. Fino a ieri sera, dopo settimane di intensissima attività di comunicazione, i sindacati di categoria sono rimasti in silenzio. 

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Il Mattino