Il presepe di Napoli con Fedez e Ronaldo: ​«Così addio alla tradizione»

Il presepe di Napoli con Fedez e Ronaldo: «Così addio alla tradizione»
Il primo fu Tonino Di Pietro, un quarto di secolo fa. Il fustigatore dei malcostumi nazionali era talmente amato dal popolo che a San Gregorio Armeno decisero di dedicargli una...

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Il primo fu Tonino Di Pietro, un quarto di secolo fa. Il fustigatore dei malcostumi nazionali era talmente amato dal popolo che a San Gregorio Armeno decisero di dedicargli una statua. Anzi: una statuina. «L'idea ci venne nel 1992, fu un successo inaspettato», ricorda Marco Ferrigno, raccontando la genesi di un'intuizione che avrebbe tracciato un solco. «La statuina di Hitler? C'è anche al Madame Tussaud, la polemica mi sembra sterile. Anzi, peccato che non ci abbia pensato io», risponde provocatoriamente Ferrigno jr. E spiega che ventisei anni dopo i pastori non tradizionali rappresentano la metà del mercato. «Questi sono alti quindici centimetri e costano venti euro - dice mentre stringe tra le mani un biondissimo Nino D'Angelo formato mignon preso in prestito agli anni '80 - Oggi il rapporto nelle vendite è di uno a uno».

 
Anche tra i pastori è il pallone a muovere l'economia. In questa collezione di figurine in tre dimensioni trovi in prima linea Carlo Ancelotti e Aurelio De Laurentiis. A seguire, una lunga scia azzurra che va da Insigne a Callejon, passando per Koulibaly, Mertens, Allan, Hamsik e Milik. C'è posto perfino per Ounas e Sepe. «Mancano soltanto Mario Rui e Younes: non li conosce nessuno», motiva l'esclusione Ferrigno, che non ha dimenticato i nostalgici: Maurizio Sarri e Pepe Reina qui sono ancora in azzurro. Dietro di loro ci sono Buffon e Donnarumma, Totti, Balotelli, Verratti. Ma sopra tutto e tutti resiste forte il culto di Maradona: per molti napoletani, l'unico che può stare a pieno titolo tra la Madonna e San Giuseppe. Al suo patrono laico venuto a miracol mostrare, la città che si fa essa stessa presepe non smette di dedicare busti e statuine. Le più richieste, però, hanno dipinta addosso la maglia bianconera. «Lo dico a malincuore: Ronaldo è il pastore più venduto del 2018. Sui duecento che vendiamo ogni anno, purtroppo cento sono juventini», si rammarica l'artigiano. Così è, d'altro canto, il presepe riveduto e (s)corretto: impertinente e senza alcun riguardo per la fede. Nemmeno per quella calcistica.
 
Vero, in questa galleria degli errori spunta pure San Gennaro. Ma è d'azzurro vestito e sulla mitra esibisce orgoglioso una N da ultrà. Poco più in là, sorride papa Francesco. Peccato che Bergoglio faccia pericolosamente rima con Malgioglio: il suo ciuffo ossigenato fa capolino da più parti. In questa parata di intrusi eccellenti, tuttavia, i posti d'onore spettano alle maschere nelle quali la città specchia la propria identità: Pulcinella, naturalmente, ma anche Totò e Eduardo, che occhieggiano ovunque da mensole e pareti, Pino Daniele e il postino Massimo Troisi. Sacro e profano, insomma, si mescolano in un supermercato del souvenir a cielo aperto. Tanto che a San Gregorio Armeno sembra più Carnevale che Natale.

Sul presepe ci finiscono anche i big della musica: oltre a Pino Daniele, un Vasco Rossi con il cappellino d'ordinanza, Claudio Baglioni con la chitarra a tracolla, Elvis, Bono Vox, Michael Jackson, George Michael, Renato Zero, Adriano Celentano, Gigi D'Alessio accanto a Maria De Filippi, Lucio Dalla, i The Kolors, Fedez con Chiara Ferragni. La grande industria del presepe è riuscita a riprodurre finanche l'uomo senza volto, Liberato. Manco a dirlo, di spalle e col cappuccio in testa. Accanto ai cantanti, ecco altri volti notissimi: Sofia Loren, Paolo Villaggio, Bud Spencer, Fabio Fazio e Luciana Litizzetto, lo chef tv Antonino Cannavacciuolo, il Genny Savastano di Gomorra, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, Valentino Rossi. A guardarli così, schierati come un piccolo esercito della disobbedienza, sembra che siano fuoriusciti tutti insieme dalla tv per accorrere al grande party che Napoli ha organizzato per loro nel rutilante budello natalizio.


Tradire la tradizione, del resto, è un gusto al quale non riescono a resistere nemmeno i visitatori, che fanno a gara per riconoscere le riproduzioni. E pure la politica a San Gregorio è ben rappresentata. All'appello rispondono Salvini, Grillo, Di Maio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Putin, Trump, Macron, Angela Merkel, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, Renzi, i reali inglesi Harry e Meghan, Marco Pannella. Conserva il proprio posto anche Berlusconi, «un evergreen, ma in calo», fa il borsino del gradimento popolare Daniele Gambardella, che prosegue una tradizione familiare. Ferrigno invece ha guardato indietro e in vetrina ha piazzato Che Guevara a pochi centimetri da Mussolini. A San Gregorio, nel 2018, può accadere anche questo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino