Sanità, in Campania al lavoro ottomila abusivi: «Le Asl ora agiscano»

Sanità, in Campania al lavoro ottomila abusivi: «Le Asl ora agiscano»
Professioni sanitarie, in Campania ci sono circa 8mila camici bianchi abusivi, afferenti a uno dei 19 profili dell'area dei tecnici di radiologia e dei tecnici sanitari, della...

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Professioni sanitarie, in Campania ci sono circa 8mila camici bianchi abusivi, afferenti a uno dei 19 profili dell'area dei tecnici di radiologia e dei tecnici sanitari, della riabilitazione e prevenzione riuniti, dal 2018, nel nuovo Ordine professionale istituito dalla legge Lorenzin. Figure che vanno dal tecnico di radiologia medica, al logopedista, al fisioterapista, all'igienista dentale agli psicomotricisti, passando per i tecnici di laboratorio e per finire agli ortottisti, agli audiometristi, educatori professionali, dietisti e altre figure tecnico assistenziali delle tre aree. Camici bianchi impiegati in strutture sanitarie pubbliche, in quelle accreditate o nel privato ovvero da liberi professionisti e che, dalla data di istituzione dell'Ordine (il 3 gennaio del 2018), avrebbero dovuto regolarizzare la loro posizione e non l'hanno fatto. A gettare il sasso nello stagno è Franco Ascolese, presidente del nuovo Ordine per le province di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta. Un nodo irrisolto indicato nel corso di un focus sulle professioni sanitarie promosso a Napoli da Motore Sanità e che si è svolto presso la facoltà di Biotecnologie della Federico II sotto l'egida della Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie.


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I DATI
«In Campania - dice Ascolese - su circa 20mila addetti sinora si sono iscritti all'Ordine solo 12mila professionisti. Una platea di abusivi stimata dall'Ordine nazionale estrapolando i dati di chi è in possesso di vecchi titoli e dei laureati non iscritti. I primi sarebbero destinati comunque a confluire negli elenchi speciali». Elenchi, questi ultimi, aperti fino al 31 dicembre scorso e che poi per proroga del Ministero della Salute resteranno aperti fino a fine giugno. «Già un anno e mezzo fa e poi con ulteriori lettere e solleciti - continua Ascolese - abbiamo segnalato il problema alla Regione e alle Asl chiedendo di verificare l'osservanza, da parte dei professionisti alle loro dipendenze, dell'obbligo di iscrizione al relativo albo professionale afferente all'Ordine. La collaborazione della Regione, che ha emanato circolari in merito, e delle Asl, in particolare della Asl Napoli 1, c'è stata - chiarisce il presidente Ascolese - e siamo passati da 5mila iscritti da metà 2018 ai 12mila attuali. Mancano all'appello ancora migliaia di iscritti di cui un migliaio nel pubblico e il resto nel settore privato, libero professionale e accreditato. La Asl metropolitana è stata tra le più attive su questo fronte sospendendo anche alcuni dipendenti non in regola. Qui la questione incrocia la diatriba sull'onere del costo di iscrizione all'Ordine che le Asl sostengono ricada sul dipendente e che alcuni camici bianchi invece intendono a carico dell'azienda di appartenenza. Su questo la giurisprudenza propende per il costo dell'iscrizione a carico del lavoratore.

I CENTRI PRIVATI

Molti professionisti abusivi si anniderebbero dunque soprattutto nei centri accreditati e nel settore privato o tra i liberi professionisti. Prestatori d'opera dipendenti o con contratti precari e a partita Iva che senza iscrizione all'Ordine incorre ugualmente nel reato di esercizio abusivo della professione. Dalla verifica incrociata dei dati si tratta di un sottobosco di camici bianchi abusivi, irregolari, ancorché al lavoro in case di cura, laboratori, centri di riabilitazione e cooperative e che trovano impiego anche presso il mondo del privato sociale o nelle attività svolte in convenzione con i Comuni. L'Ordine è tenuto a funzioni di vigilanza, così le aziende sanitarie, dell'industria e il comparto privato. «A dicembre abbiamo eletto le Commissioni di ciascun albo professionale - conclude Ascolese - e dunque abbiamo raggiunto l'assetto definitivo. Vigileremo e sollecitiamo le Asl a continuare nelle verifiche senza limitarsi a comunicazioni solo burocratiche. Il nostro consiglio è che l'utenza stessa verifichi che il professionista al quale si affidano sia iscritto all'Ordine». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino