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Chi due secoli fa percorreva in carrozza il tratto di strada, lungo circa 10 chilometri, che da Napoli arriva a Torre del Greco, poteva ammirare un patrimonio architettonico straordinario, simbolo della ricchezza e dei gusti sfarzosi dell’epoca. Erano le centinaia di ville patrizie fatte costruire tra il XVIII e il XIX secolo dalla nobiltà borbonica, sull’esempio di quanto fatto da re Carlo di Borbone che nel 1738 aveva scelto Portici per far realizzare una nuova Reggia da cui dare inizio agli scavi della città romana di Herculaneum. Se andiamo con la mente a quegli anni, nel nostro tour in carrozza vediamo dimore imponenti, realizzate da grandi architetti quali Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Domenico Antonio Vaccaro, Ferdinando di San Felice, e completate da vasti giardini e da decorazioni pittoriche firmate dagli artisti più ricercati. La scelta dei luoghi era motivata dalla particolare salubrità dell’aria che lì si respirava tra il Vesuvio e il mare, e dalla vista straordinaria su tutto il Golfo di Napoli.
In particolare il tratto compreso tra Ercolano, all’altezza degli Scavi, e Torre del Greco, in prossimità di Palazzo Vallelonga oggi sede della Banca di Credito Popolare, in quest’epoca era chiamato «Miglio d’Oro»: il miglio era l’unità di misura in uso nel ‘700 e l’oro, qui, è dato dalla vastità degli agrumenti e dei giardini annessi alle ville. Oggi il «Miglio d’Oro» definisce - erroneamente secondo gli esperti - l’intero tratto tra Napoli a Torre del Greco lungo il quale sono disseminate le Ville. Sono 122, secondo il censimento curato dall’Ente Ville Vesuviane, nato nel 1971 con legge dello Stato e trasformato in Fondazione nel 2009 con decreto del Mibact, ma il conteggio ne esclude un centinaio, di cui alcune addirittura sparite. Le altre sono in bilico tra recuperi, abbandono, degrado, crolli, affitti, subaffitti, vendite per lotto. E se di recente si va manifestando una maggiore attenzione verso questi gioielli architettonici - Alberto Angela ha dedicato ad essi una parte del programma «Meraviglie italiane», diversi registi li hanno scelti come set per i loro film (da «Gomorra» all’«Amica Geniale» fino a «È stata la mano di Dio») - il lavoro da fare è ancora molto.
Negli ultimi 50 anni l’Ente prima e la Fondazione poi hanno svolto un lavoro immenso per recuperare le Ville, fino ad allora per lo più sconosciute.
Nel tratto Barra-San Giovanni le dimore sono per lo più abitate da privati, diverse abbandonate e nel degrado. Villa Letizia a Barra, di proprietà del Comune di Napoli, ospita al primo piano una Biblioteca e al terzo sale utilizzate per eventi culturali; Palazzo Bisignano, sempre a Barra, solo parzialmente di proprietà del Comune, ha perso il parco che ospitava un orto botanico e negli ultimi tempi è all’attenzione della Soprintendenza per il destino degli affreschi seicenteschi di Aniello Falcone.
A San Giorgio a Cremano, a parte Villa Bruno e Villa Vannucchi di proprietà del Comune e in cui si svolgono numerosi eventi culturali, versa in pessime condizioni la Villa Pignatelli di Montecalvo, scelta come set di Gomorra. A Portici, allo splendore della Reggia fa da contraltare il degrado di Villa Lauro Lancellotti (edificata nel 1776) e ridotta quasi in macerie, mentre Palazzo Landriani è in vendita. Villa D’Elboeuf sempre a Portici, sebbene acquisita da privati, tarda ad essere completata per intoppi dovuti alla vicinanza della ferrovia. A Ercolano, sede della sfarzosa Villa Campolieto di stampo vanvitelliano (la prima ad essere restaurata nel 1984), versano in cattive condizioni Villa Giulio De Laville e Palazzo Capracotta (pericolante). A Torre del Greco, oltre a Villa Macrina di proprietà del Comune e in buone condizioni e Villa delle Ginestre gestita dalla Fondazione, languono capolavori come il Palazzo del Cardinale (di proprietà della Curia che ha annunciato un restauro) e Villa Bruno Prota.
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Il Mattino