«Viva la camorra», il raid della babygang sul treno notturno da piazza Garibaldi

«Viva la camorra», il raid della babygang sul treno notturno da piazza Garibaldi
«Viva la camorra, qui comandiamo noi». Sono le parole deliranti che hanno dovuto ascoltare anche mercoledì, a sera tarda, i passeggeri della linea 2 della...

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«Viva la camorra, qui comandiamo noi». Sono le parole deliranti che hanno dovuto ascoltare anche mercoledì, a sera tarda, i passeggeri della linea 2 della metropolitana. Scene che si ripetono spesso sui vagoni notturni che da piazza Garibaldi portano a Campi Flegrei e Pozzuoli. Baby-gang che scorrazzano sui treni e nelle stazioni cercando di terrorizzare altri ragazzi, signore e lavoratori che rientrano con i mezzi pubblici alle proprie case. Continue minacce di ragazzini lasciati liberi di incutere paura senza che intervengano le forze dell'ordine o i vigilantes.

 
Sono circa le 23 di mercoledì alla stazione di piazza Cavour, sui marciapiedi ai lati dei binari ci sono poche persone in attesa di una delle ultime corse della linea 2. Ecco che arriva il gruppetto di tre ragazzini, tutti vestiti di nero, facce truci a dispetto della loro giovane età: il più grande dei tre probabilmente non ha più di 16 o 17 anni. I Boys in Black si notano subito, parlano a voce alta, urlano. Ma sui binari di piazza Garibaldi non ci sono agenti o guardie giurate che possano fermarli, almeno per un controllo delle loro generalità. Chi li scorge da lontano cerca di allontanarsi da loro, ma è tutto inutile. I tre cominciano ad attraversare i binari, uno di loro si piazza per circa un minuto al centro delle rotaie con aria di sfida. Si sente forse invincibile, onnipotente nel mostrare ai compagni di non aver paura dell'imminente arrivo del treno. Fanno avanti e indietro da una banchina all'altra passeggiando sui binari come se fosse la cosa più normale del mondo. Ci sono le telecamere di sorveglianza nella stazione, ma nessuno interviene. Nel frattempo uno di loro spara a tutto volume dal proprio smartphone una hit neomelodica e mostra fiero ai compagni il video caricato da Youtube. «Chest è camorra, chest è camorra» - sono le note che risuonano nella stazione, un brano molto conosciuto tra i ragazzi di strada interpretato da Marco Calone e Marco De Luca. Nel videoclip, ambientato alle vele di Scampia che fanno tanto Gomorra, i due artisti della old-wave partenopea si esibiscono ostentando le scene di una Napoli verace e senza regole: con giovanissime ragazze che girano per il centro storico sui motorini rigorosamente senza casco. Eppure, nonostante tutto, si tratterebbe di una canzone d'amore dedicata al gentil sesso.

Mentre i ragazzi fanno il loro comodo tra le poche persone che cercano di allontanarsi e che guardano incredule quelle scene, ecco arrivare il treno che da piazza Cavour porta a Montesanto. Il convoglio arriva puntuale. È uno dei vecchi vettori di sempre, non uno dei nuovi treni Jazz con i vagoni moderni dotati della videosorveglianza interna grazie alle telecamere installate a bordo. Quelle videocamere che - quando proprio non sono utili per sanzionare eventuali reati grazie all'intervento degli agenti di sicurezza o delle forze dell'ordine - almeno potrebbero servire come strumento di deterrenza. Nulla, i giovani in nero possono scorrazzare senza timori di sorta e senza esser visti dalle autorità. Salgono a bordo i tre ragazzi e, anziché attendere la chiusura delle porte, provano loro stessi a forzarle senza riuscirci. Poi iniziano a correre tra i vagoni lanciandosi contro delle bottiglie. Sfidano con gli sguardi i passeggeri, inveiscono e urlano. «Comandiamo noi, chest è camorra, la vinciamo noi». Nessuno risponde e i tre continuano imperterriti di vagone in vagone. «Vi dovete stare - intimano in dialetto - facciamo quello che vogliamo noi, viva la camorra». E nel frattempo risuona il ritornello a tutto volume anche sul treno: «Chest'è camorra, chest'è camorra».


I giovani continuano, poi quando il treno ferma alla stazione di Montesanto fingono di scendere, ma è solo un'altra scenetta fatta per rassicurare chi è rimasto a bordo. In breve discendono i gradini di un vagone e risalgono qualche convoglio più in là urlando e inveendo sulla banchina. Sono di nuovo sul treno, vedono un ragazzo di colore e provano a spaventarlo con qualche altro grido. Il giovane non reagisce, loro forse un po' impauriti in caso di una reazione violenta, anche se sono in tre, allora decidono di proseguire verso un altro vagone e cominciano vigliaccamente ad insultare due donne che sono sedute ai propri posti. Va così per altre fermate fino a Mergellina e nessuno interviene. Imperterriti, tra sguardi minacciosi e offese urlate, finalmente scendono. «Chest è camorra, chest è camorra»: il ritornello risuona ancora. E, pure se camorra non è, la tranquillità di chi vuole solamente rientrare a casa senza paure sembra lontana. Proprio come quelle note che si diradano in lontananza. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino