«Da piccola venivo qui alle feste che organizzavano in occasione del Natale e dell'Epifania. Mio padre ha lavorato in questa azienda per quasi quarant'anni. Io ho...
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Italia è al reparto montaggio e si occupa dell'immatricolazione delle macchine. «Sono divorziata, ho due bambini. La prima ha dodici anni, il secondo è di un anno più piccolo. Non gli ancora detto nulla di questo. Abito qui a Barra e per me è una tragedia. Sono sola, questo è il mio stipendio, è quello che porto da mangiare ai miei figli. Senza siamo finiti, è la mia vita». «A quel tavolo - aggiunge riferendosi alle slide aziendali che venerdì scorso hanno fatto sparire di fatto Napoli dalla geografia Whirlpool - ci hanno cancellato con una 'x'. Noi non siamo una 'x', siamo un cuore e questa non è una battaglia navale, dove colpisci e affondi. Questa è la nostra battaglia e uniti la vinceremo».
Vincenzo, 42 anni, ne ha passati sedici nello stabilimento di via Argine. «Mia madre - racconta - ha lavorato in questa fabbrica e io l'ho vissuta anche prima di nascere, perché fino al settimo mese di gravidanza mi ha fatto sentire i suoni dei reparti». «Siamo una famiglia monoreddito e abbiamo due bambini - aggiunge - mia moglie ha una laurea ma lavora saltuariamente. Adesso è lei che mi sta dando tanta forza. Sto cercando di non far capire a mio figlio questa situazione, ma credo che abbia intuito qualcosa. Chiede spesso alla mamma se la fabbrica verrà chiusa, ha paura che il papà non vada più al lavoro. Pensare che debba vivere già una realtà del genere mi fa molto male». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino