Governo, è il giorno della svolta: Mattarella punta su Casellati

Governo, è il giorno della svolta: Mattarella punta su Casellati
Sergio Mattarella venerdì era stato chiaro: «Al Paese serve con urgenza un governo nella pienezza delle sue funzioni. Attenderò ancora alcuni giorni, poi...

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Sergio Mattarella venerdì era stato chiaro: «Al Paese serve con urgenza un governo nella pienezza delle sue funzioni. Attenderò ancora alcuni giorni, poi deciderò io come uscire dallo stallo». Ebbene, oggi scade l'ultimatum. E oggi il capo dello Stato, senza che i quasi-vincitori Matteo Salvini e Luigi Di Maio gli abbiano fornito uno straccio di indicazione o di soluzione per uscire da una crisi che dura ormai da quaranta giorni, annuncerà la decisione.


Ancora ieri sera, sul Colle, dicevano che il Presidente stava valutando le varie opzioni sul campo e non era giunto a «una determinazione». Soprattutto, spiegavano che il Capo dello Stato partirà dai risultati elettorali e farà tesoro delle considerazioni fatte dai partiti in occasione dell'ultimo giro di consultazioni. Insomma, la scelta sarà «aderente» a come hanno votato gli italiani, alle prime tappe istituzionali (l'elezione dei presidenti di Senato e Camera) e a ciò che le forze politiche sono andate a dire al Quirinale.

Indicazioni che portano a un mandato esplorativo a Maria Elisabetta Alberti Casellati. Perché la presidente del Senato è espressione della coalizione risultata prima alle elezioni con il 37 per cento dei voti. E secondo il capo dello Stato non si può non partire da qui, tra l'altro l'idea piace anche a Salvini. Perché anche i Cinque Stelle hanno contribuito (compatti) all'elezione della Casellati. Perché sono numerosi i precedenti (Amintore Fanfani, etc.) in cui la seconda carica dello Stato è riuscita ad aggirare veti e ad abbattere muri, per poi tornare al Quirinale e offrire al capo dello Stato le chiavi per la soluzione della crisi. Nell'87 riuscì a un'altra donna, Nilde Iotti (da presidente della Camera), che portò alla formazione del governo del quarantaquatrenne Giovanni Goria, il presidente del Consiglio più giovane della storia repubblicana (fino ad allora).
 
Mattarella, vista «l'urgenza» di dare al Paese un governo con pieni poteri, potrebbe però anche chiedere alla Casellati di imboccare la strada del preincarico. Soluzione più diretta e più ruvida, ma con maggiori probabilità di sminare il campo a tatticismi e veti. Compresa la conventio ad excludendum contro Silvio Berlusconi decretata da Di Maio. Oppure prenderne definitivamente atto, archiviando una volta per tutte l'ipotesi di una maggioranza tra centrodestra e Cinque Stelle. Conclusioni cui la Casellati potrebbe giungere, tra una settimana o dieci giorni, anche con il semplice mandato esplorativo.

Sul Colle però non si esclude che a essere incoronato esploratore sia il presidente della Camera, il grillino Roberto Fico. Ma questa soluzione ha meno chance. Per tre ragioni. La prima: i Cinque Stelle sono il partito che ha preso più voti, ma sono arrivati dietro al centrodestra. La seconda: la linea politica di Fico (ortodossa e di sinistra) non è la più adatta per facilitare un'intesa tra grillini e la coalizione di Salvini, Berlusconi e Giorgia Meloni. La terza: su Fico è caduto il niet dei Cinque Stelle: Di Maio teme che proprio Fico, apprezzato dal Pd, possa scippargli palazzo Chigi ottenendo l'appoggio (esterno) dei democratici. E Mattarella non intende entrare in alcun modo nella dinamica interna ai partiti, innescando dirompenti rese dei conti che potrebbero complicare ulteriormente la soluzione della crisi.
Sembra invece tramontata l'idea di dare un preincarico a Salvini o a Di Maio. E anche quella del leghista Giancarlo Giorgetti buono (secondo la strategia di Berlusconi) per tentare di agganciare il Partito democratico. I due leader, per vie ufficiose e con dichiarazioni pubbliche, si sono detti contrari: temono, in questa fase, di bruciarsi. E non è ancora il tempo, se mai verrà, per riportare in partita il Partito democratico che guarda (tranne Renzi e i suoi) piuttosto più a Fico che a Giorgetti.


Di certo c'è che il presidente della Repubblica non vuole le elezioni. Tornare a votare senza aver cambiato la legge elettorale e senza aver varato la legge di bilancio, significherebbe per il capo dello Stato condannare il Paese a un altro giro a vuoto e all'esercizio provvisorio. Ecco perché, sullo sfondo, resta il governo di emergenza o di tregua. Presieduto da una personalità terza, pescata probabilmente tra gli attuali o ex giudici costituzionali. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino