Copyright, chi copia paga: in palio il tesoretto da 48 miliardi di Google e Facebook

Copyright, chi copia paga: in palio il tesoretto da 48 miliardi di Google e Facebook
Con 348 voti a favore, 274 contrari e 36 astenuti, ieri il Parlamento europeo riunito a Strasburgo in seduta plenaria ha approvato le nuove norme sul diritto d'autore. Una...

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Con 348 voti a favore, 274 contrari e 36 astenuti, ieri il Parlamento europeo riunito a Strasburgo in seduta plenaria ha approvato le nuove norme sul diritto d'autore. Una riforma che ha avuto una genesi lunga e travagliata. Ci sono voluti tre anni di contrattazioni e numerose modifiche al testo originale l'ultima delle quali è avvenuta lo scorso febbraio ed è frutto di un accordo tra Commissione, Parlamento e Consiglio prima di arrivare alla formulazione definitiva a cui i parlamentari hanno dato l'ok. Il risultato ha diviso l'opinione pubblica. Il fronte del «sì» ha visto compatti autori, editori e musicisti che da questa legge ora si aspettano di poter chiedere un equo compenso per l'utilizzo delle loro creazioni da parte dei giganti del web, come Google e Facebook. Mentre per il «no» si sono schierati Wikipedia, l'enciclopedia online che nei giorni scorsi ha oscurato le proprie edizioni europee, e i padri della Rete, come Tim Berners-Lee e Vint Cerf preoccupati dal possibile impatto delle leggi sulla libertà di Internet.

 
CHE COSA SUCCEDE ORA?
Il testo approvato si compone di 32 articoli e dovrà essere recepito dagli Stati membri entro 24 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea. Il documento è una direttiva, cioè un atto legislativo dell'Unione che vincola i paesi Ue a raggiungere un determinato obiettivo pena una multa per ogni violazione commessa. Ma lascia ai singoli Stati la libertà di definire come farlo attraverso disposizioni nazionali.

QUAL È L'OBIETTIVO?
La riforma si propone di adeguare ai tempi le regole sul copyright, cioè il diritto che spetta all'autore di opere intellettuali di carattere creativo come la musica, l'arte o la letteratura, e anche i programmi informatici. La precedente normativa risale, infatti, al 2001 quando ancora le grandi piattaforme non avevano rivoluzionato il modo di accedere e condividere i contenuti.

QUALI GLI INTERESSI IN GIOCO?
La direttiva va ad incidere su interessi ed equilibri importanti. Da una parte quelli di autori, titolari di diritti, ed editori che, secondo quanto si legge nel testo, «incontrano difficoltà nel momento in cui cercano di concedere una licenza ed essere remunerati per la diffusione online delle loro opere» o delle loro pubblicazioni. Dall'altra parte, ci sono i giganti della Silicon Valley che si spartiscono gran parte del mercato della pubblicità online anche grazie alla distribuzione dei contenuti altrui. Un giro d'affari che in Europa si aggira intorno ai 48 miliardi di euro all'anno, stando alle stime di IAB Europe, associazione di categoria che rappresenta le aziende di comunicazione e pubblicità. Un bottino che fino ad ora è andato nelle tasche di chi questi contenuti li distribuisce, più che di chi li produce. La riforma è nata con l'obiettivo di riequilibrare l'ago della bilancia in favore di questi ultimi.

COSA CAMBIA?
Le principali novità sono due. L'articolo 15 dà agli editori l'opportunità di negoziare accordi con le piattaforme per farsi pagare l'utilizzo dei loro contenuti, fatta eccezione per gli snippet, cioè quell'anteprima di due righe che vediamo comparire negli articoli pubblicati su Facebook o sui motori di ricerca, che rimarrà gratuita. Un introito che dovrebbe essere condiviso con i giornalisti. L'articolo 17, invece, riconosce il diritto a colmare il divario tra i ricavi che le grandi piattaforme commerciali fanno diffondendo contenuti protetti da copyright e la remunerazione agli autori o detentori dei diritti.

COME CAMBIERÀ?
La direttiva non avrà un impatto sostanziale sugli utenti comuni. Questi ultimi non rischieranno maggiori sanzioni per aver caricato online materiale protetto da copyright non autorizzato. La responsabilità sarà delle piattaforme e degli aggregatori di notizie come YouTube, Google News e Facebook che dovranno impegnarsi a individuare e bloccare eventuali violazioni. L'obiettivo è incentivarle a stipulare degli accordi per remunerare correttamente artisti e giornalisti dal cui lavoro guadagnano. Non è previsto l'obbligo di utilizzare dei filtri preventivi che siano in grado di controllare tutti i contenuti caricati dagli utenti preventivamente e impedirne la pubblicazione in caso di violazione del diritto d'autore.

CI SONO ECCEZIONI?

Non saranno soggetti alle nuove regole del copyright i meme, cioè i contenuti virali a sfondo satirico, e le gif che potranno continuare a circolare liberamente. Stesso discorso vale per i contenuti caricati sulle enciclopedie online che non hanno fini commerciali come Wikipedia, o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub. Infine, l'ultima versione della direttiva tutela le startup con meno di tre anni, un fatturato annuale inferiore a dieci milioni di euro e un traffico mensile medio di visitatori unici al di sotto dei cinque milioni. Queste startup non avranno l'obbligo di vigilare sui contenuti pubblicati dai propri utenti ma dovranno reagire «tempestivamente» alle segnalazioni dei detentori dei diritti e fare i «massimi sforzi» per ottenere le autorizzazioni alla pubblicazione e impedire l'ulteriore caricamento del materiale segnalato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino