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Per i pazienti positivi al Covid che si trovano a casa con pochi sintomi, una cura uguale per tutti non c'è. I medici di base provano di volta in volta a personalizzare la terapie. E l'esito è ovviamente sempre incerto. Un aiuto a scegliere le cure più opportune dovrebbe però arrivare a breve dal ministero della Salute: il testo, che sarà condiviso anche dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici Chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), cerca di dirimere diversi dubbi. Che dividono i dottori.
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«Nel documento - spiega Filippo Anelli, presidente della Fnomceo - sono indicate le possibili cure a livello domiciliare, in quali condizioni si raccomanda l'utilizzo di antinfiammatori, del cortisone, oppure degli antibiotici. E' un passaggio importante, fa il punto rispetto alle evidenze scientifiche disponibili per orientare i medici nella scelta della cura più appropriata». Indicazioni che già i medici conoscono, anche se a volte la scelta di un farmaco o anche solo la tempistica giusta, pesano sulle spalle come un macigno, proprio perché possono fare la differenza. «Sappiamo che gli antibiotici non rispondono all'infezione - rimarca Anelli - e che l'utilizzo del cortisone va indicato solo ai casi che realmente necessitano.
In realtà, prima del documento del ministero, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) aveva già provato a fare chiarezza mettendo nero su bianco alcune raccomandazioni. «Dal momento in cui viene effettuata la diagnosi di positività al covid - precisa il presidente della Simg Claudio Cricelli - noi cerchiamo di tenere a casa quei pazienti per i quali non esiste la necessità di una terapia particolare». A questo punto, di volta in volta, si decide in base al singolo paziente. «Premesso che non ci sono più quei farmaci provati nella prima fase come l'idrossiclorochina - rimarca Cricelli - il vero problema è quello di riuscire a fare una diagnosi corretta, per capire se la persona positiva al Covid oltre ad essere sintomatica possa avere anche problemi di tipo respiratorio».
Ma non è affatto semplice. «Terapie efficaci nei confronti dei malati di Covid non ce ne sono e non c'è ancora un protocollo ufficiale - sottolinea - Noi come società scientifica facciamo ogni giorno un aggiornamento, autonomamente, diamo indicazioni precise sui trattamenti efficaci, suggeriamo di personalizzare la cura. Ma per farlo bisogna conoscere il paziente, e a seconda del suo rischio e delle sue condizioni si devono applicare le poche risorse terapeutiche finora disponibili». Che la scelta a volte possa trasformarsi in un dilemma, è un dato di fatto. Il Sars Cov 2 ancora non lo si conosce fino in fondo. E la mancanza di un protocollo unico rende la questione ancora più complicata. «Non si può mai prescindere dalla valutazione della persona - spiega Pier Luigi Bartoletti, vice segretario vicario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) - devi capire chi hai davanti, occorre valutare la saturazione dell'ossigeno, la pressione arteriosa, lo stato di vigilanza della persona».
Per cercare di supportare i medici, insieme all'infettivologo Emanuele Nicastri dello Spallanzani, Bartoletti già da tempo aveva elaborato un documento per la gestione a domicilio di pazienti sintomatici. Si suggerisce per esempio di non utilizzare antibiotici, mentre il paracetamolo è indicato in caso di temperatura superiore a 38 gradi mal sopportata. «A casa non si può gestire la situazione - spiega Bartoletti - non c'è un monitoraggio continuo e quindi alla fine ti devi adattare alla situazione».
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