Salvataggi, il ritorno al largo dell'Aquarius: addio Gibilterra, la bandiera è panamense

Salvataggi, il ritorno al largo dell'Aquarius: addio Gibilterra, la bandiera è panamense
L'Aquarius, la nave delle ong Sos Mediterranée e di Medici senza Frontiere torna nuovamente a largo della Libia. Sarà l'unica nave umanitaria presente nel...

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L'Aquarius, la nave delle ong Sos Mediterranée e di Medici senza Frontiere torna nuovamente a largo della Libia. Sarà l'unica nave umanitaria presente nel Mediterraneo. Da quasi un mese, dal 26 agosto scorso, in quel tratto di mare non ci sono più imbarcazioni delle organizzazioni non governative, un vuoto che non si verificava dal 2015. Partita dal porto di Marsiglia, l'Aquarius dovrebbe giungere nell'area di ricerca e soccorso entro domani. Concreta la possibilità di nuovi rimpalli tra i Paesi europei se l'imbarcazione delle ong dovesse recuperare altri naufraghi dopo la decisione del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, di non garantire più porti di sbarco italiani per le navi umanitarie.

 
Il personale di Medici senza Frontiere è consapevole delle conseguenze, gli attivisti ben conoscono la situazione e sono pronti. L'eventualità che un loro soccorso possa poi portare a nuovi casi di scontro è stata messa ampiamente in preventivo. «Per noi la linea rossa non oltrepassabile spiega Marco Bertotto, responsabile di Msf è non riportare i migranti in Libia dove vivono in condizioni inaccettabili e disumane. L'unica priorità è salvare queste persone che in troppi considerano soltanto dei numeri». Un problema non solo italiano, ma europeo. «Non abbiamo nessuna intenzione racconta Bertotto di metterci in una logica di polemica con Salvini o con il governo italiano. Il vero problema sono le politiche europee. Se effettueremo dei soccorsi ci rivolgeremo al primo porto di sbarco più sicuro, prima Malta e poi l'Italia». Tante le chiamate di aiuto effettuate negli ultimi mesi anche dalle navi delle ong verso le autorità di Malta che però, quasi sempre, non rispondono alle richieste perché chi per primo interviene è poi costretto, secondo i regolamenti internazionali, a seguire le operazioni di salvataggio fino a quando i migranti non sono messi in salvo e al sicuro.

Uno degli ultimi salvataggi dell'Aquarius fu effettuato a metà agosto. La nave fu costretta dopo aver salvato 141 persone a restare in mare per quattro giorni dopo che La Valletta e Roma avevano negato loro il porto di sbarco. Dopo l'attesa, l'imbarcazione fu finalmente fatta sbarcare a Malta, ma solo in dopo che Francia, Germania, Lussemburgo, Portogallo e Spagna decidessero di dividersi i naufraghi. Venti migranti furono accolti, infine, anche dall'Italia. Nei giorni in cui l'Aquarius era in mare si fece concreta anche la possibilità che la nave fosse obbligata dalla regole internazionali a sbarcare i naufraghi nel Paese di cui l'imbarcazione batteva bandiera. Si trattava della bandiera di Gibilterra, territorio della Spagna meridionale, afferente però al Regno Unito. Fu così che il governo di Gibilterra ritirò la bandiera dall'Aquarius per evitare di sobbarcarsi l'accoglienza delle persone salvate. Le ong, durante lo scalo a Marsiglia di questi giorni, hanno infatti provveduto a cambiare bandiera, issando temporaneamente il vessillo di Panama. «La soluzione spiegano da Msf più pratica e veloce che siamo riusciti a trovare».


Dall'inizio dell'anno i migranti sbarcati in Italia sono stati appena 20mila, numeri che raccontano un'emergenza superata almeno sul fronte degli sbarchi. Restano però in Libia dalle 100mila alle 300mila persone di cui non si ha un'esatta contabilità, si conoscono soltanto le loro condizioni, denunciate proprio sulle colonne del Mattino anche dall'Inviato Onu nel Paese nordafricano, Ghassan Salamé. «Noi racconta Bertotto abbiamo nostro personale anche in alcuni centri di detenzione libici. I migranti non sbarcano più, ma questo significa che quei centri sono sempre più sovraffollati e le persone vivono in condizioni inaccettabili». Nei porti libici c'è anche personale dell'Oim e dell'Unhcr ad accogliere i migranti e seguire le operazioni di sbarco. «Per noi spiega il responsabile di Msf l'unica vera soluzione è creare corridoi umanitari». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino