Il piano per il rilancio è ancora soltanto un foglio in formato excel. Giuseppe Conte, con accanto il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, l'ha mostrato nelle...
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Pd e Italia Viva questa volta, a sorpresa, sono d'accordo. Prima Maria Elena Boschi ed Rosato e poi Delrio e Marcucci, hanno fatto presente al premier che con un Paese in ginocchio, con migliaia di aziende in attesa dei fondi promessi e a rischio chiusura e con decine di migliaia di lavoratori ancora senza cassa integrazione, gli Stati generali dell'economia voluti da Conte rischiano di essere «un clamoroso boomerang».
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Nel carosello di incontri, il presidente del Consiglio si è sentito ripetere lo stesso ritornello dai partner rosso-gialli: «Stiamo attenti agli annunci ed evitiamo a tutti i costi di rimanere ai titoli dei provvedimenti. La gente non ne può più, è arrabbiata, molti imprenditori e dipendenti attendono ancora i soldi che gli sono stati garantiti. Se inneschiamo ulteriori aspettative e poi non le soddisfiamo, rischiamo l'esplosione della rivolta sociale. Ed è la ragione per la quale la Meloni e Salvini non hanno accettato il confronto: scommettono sul nostro fallimento, sperano di cavalcare in autunno l'onda del malcontento e dunque sul tuo piano di rilancio non vogliono mettere neppure un'impronta».
Raccontano che Conte, di fronte a queste affermazioni, abbia annuito. E spiegato: «Se ho voluto questo evento, è perché ho inteso mandare un segnale forte all'Unione europea. Voglio far capire alla von der Leyen e agli altri interlocutori europei che facciamo sul serio, che il nostro recovery plan sarà ambizioso e che l'Italia non ha alcuna intenzione di disperdere le risorse che arriveranno dall'Unione. Anzi, dimostreremo che abbiamo la consapevolezza di avere l'occasione storica per modernizzare il Paese e che la sfrutteremo fino in fondo, con la massima serietà».
Resta però il fatto che nel foglio excel che il premier ha sventolato di fronte ai capigruppo ed esponenti della maggioranza, poco o nulla c'è del piano di Vittorio Colao e che, soprattutto, come si diceva ci sono al momento solo titoli, come «un paese completamente digitale», con l'accelerazione degli investimenti in banda larga e 5G anche grazie alla semplificazione amministrativa. C'è la giustizia rapida, le infrastrutture (investimenti in acquedotti e autostrade), un capitolo dedicato a industria 5.0 e agli investimenti green, le semplificazioni, un supporto alla Pa per le procedure complesse, l'istruzione e ricerca, la famiglia e l'inclusione sociale, il lavoro e la riforma del fisco. «State tranquilli», ha rassicurato il premier, «ai titoli seguiranno i contenuti, li raccoglieremo durante il percorso di ascolto intenso con il mondo economico e i sindacati». Con un problema: mentre Conte parla di riforma fiscale, al Tesoro il lavoro su questo dossier è ancora embrionale. Tanto che nelle bozze che girano al Mef il capitolo manca del tutto. Durante i colloqui, Conte si è sentito rivolgere vari appelli. Delrio e Marcucci l'hanno invitato a dare «immediato sostegno alle filiere produttive dell'edilizia, del turismo e dall'automotive: la crisi si sta aggravando» e a prendere i 36 miliardi del Mes per finanziare la riforma della Sanità. Boschi e Rosato gli hanno intimato di non provare a mettere in discussione il Jobs act e a non procedere a strette nell'uso del contante. Federico Fornaro e Loredana De Petris di Leu hanno suggerito al premier di «individuare delle priorità» e di concentrare l'attenzione su «scuola e sanità pubbliche e sulla lotta alle disuguaglianze». Meno faticosi del solito invece i 5Stelle, con Luigi Di Maio che dopo mesi ha spezzato una lancia in favore del premier: «Gli Stati generali saranno un importante momento di dibattito e pianificazione. Un nuovo inizio da cui ripartire insieme». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino