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L'emozione è palpabile. Nell'area delle necropoli di Pontecagnano si sta scavando la tomba numero 10.000. Non importa se quella sepoltura in tufo grigio svelerà tesori come quelli, principeschi, rinvenuti in passato: è quel numero a quattro zeri che riempie il cuore di gioia perché testimonia la visione lungimirante del soprintendente Mario Napoli che, dopo la notizia che in un cantiere della cittadina in piena espansione edilizia erano emersi dei reperti di grande interesse archeologico, aveva inviato il poco più che ventenne Bruno d'Agostino a verificare la portata della scoperta. Data storica quel 2 aprile 1962, con lo scavo di quella prima tomba che portò all'attenzione degli studiosi l'importanza e la popolosità dell'antico insediamento etrusco campano, sviluppatosi senza soluzione di continuità dagli inizi del IX secolo fino all'età romana.
Ed eccoci ai giorni nostri. Venerdì scorso, nell'ambito delle indagini archeologiche preventive condotte dalla soprintendenza in un'area destinata alla realizzazione di un nuovo complesso residenziale, è venuta alla luce la sepoltura n. 10.000, probabilmente di un adolescente, a giudicare dalla lunghezza dello scheletro, ben conservato nella parte inferiore, e dalle dimensioni delle ossa. La notizia è trapelata solo ieri, perché, spiega Gina Tomay, direttrice del museo archeologico nazionale degli Etruschi di Frontiera, «dovevamo mettere la zona in sicurezza».
Il museo di Pontecagnano, poco frequentato dai turisti, aspira a entrare nei circuiti turistici di eccellenza a Sud di Napoli. Possibilità in cui crede anche il direttore generale dei musei del ministero della Cultura, Massimo Osanna, per cui, «questo è uno snodo fortunato del territorio nel quale non a caso qualche secolo dopo e non lontano prospererà Pompei che studi più recenti ritengono abbia avuto le sue origini proprio dagli etruschi intorno al VII secolo a. C. Il ragazzo della tomba 10.000 è anch'esso un interessante e prezioso caso di studio».
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