Si aprono case e conventi ma gli spazi non bastano: «I profughi aumenteranno»

Si aprono case e conventi ma gli spazi non bastano: «I profughi aumenteranno»
Ci si arrangia come si può. Le richieste sono tante, i posti disponibili molti di meno. Ma la Caritas diocesana si rimbocca le maniche e va avanti per non lasciare da soli...

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Ci si arrangia come si può. Le richieste sono tante, i posti disponibili molti di meno. Ma la Caritas diocesana si rimbocca le maniche e va avanti per non lasciare da soli mamme e bambini in fuga dalla guerra. Ieri mattina, all'hub di Capitolo San Matteo, si sono presentati in undici, accompagnati dalla volontaria Ilaria Amoroso, responsabile del convento di San Giuseppe di Fisciano dove sono stati accolti alcuni profughi. Dopo due ore di attesa, ognuno è stato sottoposto a tampone ed ha espletato le pratiche per l'ottenimento del codice Stp. «Quattro persone sono state accolte da noi, a Fisciano - racconta Amoroso - tre sono arrivate ieri sera e altre quattro vivono presso una famiglia a Torrione». C'è chi ha attraversato in pullman l'Ungheria, chi la Romania. E tutti hanno lasciato almeno un padre, un fratello, un marito. Vira e Lisa sono due bambine bionde. La più piccola trascina un passeggino con una bambolina che le ha fatto compagnia durante il viaggio.



La loro mamma, Marina, e la nonna Olga, sono arrivate in Italia il 7 marzo da Kiev per trovare rifugio dalla signora Maria, una fedele che ha aperto le porte di casa sua grazie a don Antonio Romano: «Siamo terrorizzate - spiega Olga - È tutto distrutto. Gli ultimi giorni trascorsi a Kiev sono stati orribili. Vivevamo notte e giorno in un rifugio di fortuna, le bambine piangevano sempre e c'era un rumore assordante di sirene e urla». Non parlano italiano e a Salerno non hanno alcun familiare, «ma abbiamo trovato una seconda famiglia». Natalia, invece, ha lavorato nel Salernitano e suo figlio Maxime è nato a Cava de' Tirreni: «Nei mesi scorsi ero tornata a casa, a Ternopil, perché mia mamma si è ammalata di Covid ed è morta e mio padre era ricoverato in ospedale. Quando la situazione è precipitata - racconta - è stato proprio mio figlio a scongiurarmi di partire. Non è stata una decisione semplice perché sono stata costretta a lasciare Tania e Cristina, le mie figlie maggiori, che stanno lavorando come volontarie. La guerra significa anche questo, distruggere famiglie, allontanare affetti». Ilaria Amoroso si fa in quattro per garantire il disbrigo delle pratiche: «Tra poco imparerò anche l'ucraino», dice scherzando, con il volto segnato dalla stanchezza di chi non si ferma mai. Il lavoro da fare è tanto, le richieste di aiuto aumentano di giorno in giorno, ma i posti letto disponibili sono limitati, ammette don Antonio Romano. Molte strutture cittadine sono adibite all'accoglienza dei senza tetto, una cinquantina o poco più. E occorrerà aspettare ancora qualche giorno prima che possa entrare in funzione uno spazio individuato dalla Caritas nelle vicinanze di Montoro.



Intanto il sindaco Vincenzo Napoli ha fatto sapere che l'amministrazione comunale è in dialogo con il direttore del museo Diocesano, don Luigi Aversa, parroco della chiesa di Sant'Anna in San Lorenzo, per valutare la possibilità di ospitare mamme e bambini negli ampi spazi dell'edificio religioso del centro storico alto. L'ipotesi dell'Ostello della gioventù di via dei Canali, chiuso da mesi in seguito allo scadere della convenzione con i gestori, precisa il primo cittadino, resta invece l'ultima soluzione: «È in corso una gara per l'affidamento, ma vorremmo che la struttura accogliesse i giovani che arrivano per visitare la nostra città. La situazione dell'Ucraina è sicuramente una priorità, ma va tutto verificato». Secondo Napoli, poi, «è prevedibile un ulteriore incremento di ucraini in città, visto che la guerra non accenna a fermarsi». Intanto la parrocchia di San Bartolomeo Apostolo di Capezzano, guidata dal parroco don Alfonso Gentile, si prepara ad ospitare nove persone: «Abbiamo deciso di mettere a disposizione la nostra casa canonica che utilizzavamo per le attività pastorali - chiarisce - Ci sono tre camere con due servizi e una cucina con sala pranzo. Siamo riusciti ad attrezzarla grazie alla sensibilità di tanti fedeli che ci hanno donato biancheria, elettrodomestici e cibo. Ora sarà nostra cura facilitare l'inserimento delle mamme e dei loro piccoli nella nostra comunità».
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Il Mattino