​Berlusconi, le amicizie con Bush e Putin, il miracolo di Pratica di Mare e il G8 dell'Aquila: la politica estera del Cav

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Le amicizie

Per lui, la politica estera era fatta anche di amicizie e momenti informali, come con Bush Jr. che andò a trovare al Ranch di Crawford, tra i pochi leader ammessi alla “Casa Bianca dell’Ovest”. Sull’aereo di Stato, prima di decollare, disse a noi che eravamo suoi collaboratori: “Cercheremo di convincere il cowboy a non fare la guerra”. Non vi riuscì e l’Iraq fu invaso, ma almeno ci provò. A Soci, sul Mar Nero, Putin lo venne a prendere al volante dell’automobile e gli diede “un passaggio” fino all’albergo del bilaterale. Sarkozy stesso, col quale ebbe scontri terribili fino alla guerra in Libia (che Berlusconi cercò di evitare in tutti i modi), gli riconobbe un ruolo decisivo nel superare la crisi russo-georgiana dell’agosto 2008. L’appello allo “spirito di Pratica di Mare” fermò i carri armati di Mosca. Negli ultimi giorni in cui Gheddafi era braccato nel deserto, il suo dolore fu reale. Berlusconi soffriva perché si sentiva responsabile di avere tradito una promessa di amicizia verso un uomo che era in pericolo di vita. È ancora l’amicizia ad averlo indotto a errori di valutazione sulla guerra in Ucraina, quando ha dato credito alla versione dell’amico Putin e per la prima volta si è ritrovato su posizioni antitetiche all’atlantismo che era il suo faro ideale, da anticomunista qual era.

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