Due settimane dopo - «Murder must foul» era uscita venerdì 27 marzo e durava oltre 17 minuti - ti svegli e in rete c'è un'altra nuova...
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«Oggi, domani e anche ieri/ i fiori stanno morendo come tutte le cose» è l'incipit del nuovo salmodiare pallido e assorto del cantautore tornato per dirci, col poeta: «Io ho molte sfaccettature». E ce lo dice oggi, in questo periodo di clausura forzata, porgendoci come balsamo sulle nostre ferite comuni schegge delle nostre vite, pillole che abbiamo già usato tutti insieme per curarci: «All the young dudes» dei Mott the Hoople (scritta da David Bowie), l’Edgar Allan Poe di «Il cuore rivelatore», i preludi di Chopin e le sonate di Beethoven, i versi dell'irlandese Anthony Raftery, il Warren Smith di «Red Cadillac and a black mustache».
L'Uomo che contiene Multitudini in se stesso si presenta così: «Sono come Anna Frank e Indiana Jones, e quei cattivi ragazzi inglesi, i Rolling Stones». Uno, nessuno e centomila, il Camaleonte del rock fa un estremo esercizio di verità nel presentare le sue/nostre contraddizioni. Mai, se non nel centone sinatriano, la sua voce era stata così chiara e leggibile. Si ricorda pittore («dipingo paesaggi e dipingo nudi»), confessa di aver vissuto come «un uomo di contraddizioni»: «Mi spingo fino al limite, vado fino in fondo/ vado proprio dove tutte le cose perse vengono rimesse a posto/ canto le "Canzoni dell’esperienza" come William Blake», e non sarà un caso che spunti un altro immenso poeta, e che siano le canzoni dell'esperienza e non quelle dell'innocenza. Quale innocenza ci sarebbe mai concessa, ancora? Quale innocenza abbiamo mai conosciuto davvero?
«Ingordo vecchio lupo, ti mostrerò il mio cuore/ ma non del tutto, solo la parte odiosa/ Ti venderò lungo il fiume, metterò una taglia sulla tua testa»: forse c'è ancora una donna a cui parlare, con cui parlare, di cui parlare, o forse siamo tutti noi a cui l'ingordo vecchio lupo si rivolge, o forse è un dialogo con se stesso: «Cosa posso dirti di più?/ Dormo con la vita e la morte nello stesso letto. /Perdersi, signora, alzati dal mio ginocchio/ tieni la bocca lontana da me/ Lascio la strada aperta, la strada nella mia mente/ farò in modo che non ci sia più amore».
Una conclusione drammatica da un uomo spaventato dal Covid-19? No, solo una delle tante conclusioni possibili, una delle tante sfaccettature possibili. E ora noi, dylaniani dylaniati inizieremo a svegliarci ogni mattina più presto, per vedere se ci saranno nuove canzoni del bardo in clausura, se, saranno lunghe o brevi, se, come queste note di chitarra, ci riporteranno alle Canzoni della speranza, quando i tempi potevano ancora cambiare: in meglio.
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Il Mattino