Sbaglia le cure, al paziente deve essere amputata la gamba: medico condannato

Sbaglia le cure, al paziente deve essere amputata la gamba: medico condannato
Sbaglia le cure, al paziente deve essere amputata la gamba: medico condannato
di Teodora Poeta
Giovedì 9 Novembre 2023, 07:52
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 Ha curato i sintomi di un’arteriopatia obliterante periferica (Aop) scambiandoli per quelli di una banale sciatalgia e prescrivendo la cura farmacologica per quest’ultima patologia senza mai prescrivere esami diagnostici generici nei sei anni precedenti. Ma quando le condizioni del suo paziente si sono aggravate - e ha dovuto subire anche un’amputazione - era ormai troppo tardi. Per l’accusa si sarebbe trattato di un’omessa diagnosi differenziale, che consiste in un mancato approfondimento diagnostico che preclude di giungere a una diagnosi corretta alla quale, invece, si poteva approdare. Ad essere stato condannato, ieri, ad 8 mesi di reclusione, pena sospesa, il medico di medicina generale di Tortoreto, A.G. (difeso dagli avvocati Tiziano Rossoli e Alfonso Di Giminiani), accusato dell’omicidio colposo del suo paziente Roberto Sacchetti di Alba Adriatica, all’epoca 69enne, deceduto il 15 febbraio del 2018 per patologie cardiovascolari. Parte civile il figlio dell’uomo.

Dalla ricostruzione della vicenda, denunciata dai familiari qualche mese dopo il tragico evento, è emerso che già dal 2011 il medico di famiglia era a conoscenza che Roberto fosse affetto da una patologia cardiocircolatoria trattata con la cardio aspirina e i farmaci per la pressione, oltre ad essere un fumatore con fattori di rischio. Ma nonostante questo per sei anni avrebbe omesso, così com’è emerso dai riscontri degli inquirenti, di prescrivergli qualsiasi esame clinico di controllo per monitorare l’evolversi della cardiopatia.

Nel 2017, però, la situazione peggiora. Il 69enne inizia a lamentare un dolore lancinante alla gamba sinistra che addirittura gli fa perde il sostegno. Per il medico di famiglia era una sciatalgia. Nel capo d’imputazione si parla pure di «rovinose cadute a terra».

In aula la pm Enrica Medori, titolare del fascicolo, in fase di requisitoria ha detto che «il medico dopo che si è sentito male è al supermercato o per strada che gli dava consigli o lo sollecitava a fumare di meno e farsi qualche controllo». Quando, poi, a dicembre del 2017 il paziente arriva al pronto soccorso di San Benedetto la situazione ormai è compromessa. Da lì, lo trasferiscono al Mazzini di Teramo per l’amputazione d’urgenza della coscia sinistra ormai in gangrena. Roberto morirà due mesi dopo, a casa sua, dopo essere stato anche nel reparto di malattie infettive. Un decesso, secondo l’ipotesi accusatoria, causata come si legge nel capo d’imputazione, dalle «gravi omissioni del medico di base Giovannini che in sei anni ometteva di prescrivere esami diagnostici generici e specifici al suo paziente già cardiopatico» e che «impedivano la tempestiva diagnosi ed il trattamento sia dell’Aop che dell’ischemia critica a carico dell’arto inferiore sinistro». La giudice monocratica Claudia Di Valerio renderà note le motivazioni tra 90 giorni. 

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