Il caso dello spedizioniere morto:
«Ora diteci la verità su quell'incidente»

Il caso dello spedizioniere morto: «Ora diteci la verità su quell'incidente»
di Alessandra Montalbetti
Giovedì 16 Gennaio 2020, 08:34
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«Piena luce sulla morte di mio fratello, chiediamo giustizia». A distanza di un anno dalla morte di suo fratello - Antonio Dello Russo, 39enne deceduto dopo un inseguimento con i carabinieri della compagnia di Baiano, schiantatosi contro un albero lungo la strada statale 7bis tra i comuni di Mugnano del Cardinale e Avella la notte tra il 14 e 15 gennaio del 2018 continua a chiedere giustizia.

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«E' trascorso un anno dalla morte di mio fratello e apprendiamo che ancora non è stata consegnata la relazione dell'autopsia, né tantomeno la consulenza balistica da parte dell'ingegnere Lima, entrambi nominati dalla procura di Avellino dichiara Gilberto Dello Russo, rientrato in Italia da Tenerife, per poter prendere parte alla messa di commemorazione del fratello e alla fiaccolata organizzata lungo Viale San Modestino a Mercogliano - chiediamo che venga quanto prima depositata la relazione sulla ricostruzione di quanto accaduto a mio fratello Antonio. Vogliamo sapere come sono andate le cose».

La messa di suffragio verrà celebrata alle ore 18 nella chiesa dell'Annunziata di Mercogliano. Subito dopo è stata organizzata una fiaccolata dagli amici di Antonio per riaccendere i riflettori sul caso e mantenere vivo il ricordo del 39enne. Molti i punti oscuri sui quali la famiglia il loro avvocato, Fabio Tulimero hanno chiesto fin dall'inizio chiarezza e ulteriori indagini per verificare se si è agito nel rispetto delle regole.

Nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio colposo, sono stati iscritti i due carabinieri di turno quella notte, quando si verificò il terribile incidente. «Chiediamo come siano andate realmente le cose quella notte, chiediamo chiarezza sui tempi intercorsi dallo schianto fino a quando la mia famiglia è stata avvisata. Sono trascorse circa 10 ore prima che i miei genitori fossero avvertiti della morte del loro figlio. La salma di mio fratello è arrivata all'obitorio intorno alle 7.30 di martedì scorso. I miei genitori hanno saputo della morte di Antonio solo alle 10.30». Gilberto, costernato dal dolore per la perdita del fratello, continua a ripetere «non si può morire a 40 anni per non essersi fermato ad un posto di blocco, abbiamo bisogno di sapere perché è stato aperto il fuoco contro un giovane disarmato solo per non essersi fermato ad un posto di blocco, abbiamo bisogno di sapere perché i militari hanno sparato ad altezza uomo e non nelle gomme come si presupponeva inizialmente, per colpire solo l'auto». Molti i dubbi sollevati dai familiari del 39enne scomparso. «Noi pensiamo che Antonio non si sia fermato all'alt intimatogli dalla pattuglia di turno, perché magari aveva bevuto qualche bicchiere in più di vino e aveva timore che gli potessero togliere la patente prosegue Giliberto proprio quando stava per iniziare un nuovo lavoro, quando le cose nella sua vita stavano riprendendo la piega giusta e quando aveva trovato una nuova compagna».

I familiari e gli amici di Antonio continuano ad indagare «per far emergere la verità e per dare delle risposte alla figlia di soli 6 anni che continua a farci delle domande e alla quale, quando sarà grande, dovremmo dire come sono andate realmente le cose». Il deposito delle perizie, sia quella redatta dall'ingegnere Alessandro Lima, sia quella del consulente, Martino Forense nominato dai familiari di Antonio Dello Russo - era previsto per i primi di settembre.
Intanto nel registro degli indagati per far luce sull'accaduto, sono finiti due carabinieri, indagati per atto dovuto ed accusati di omicidio colposo, entrambi difesi dall'avvocato Pompeo Ledonne. I due militari avrebbero sparato 8 volte contro l'auto di Antonio Dello Russo: due proiettili colpirono il 39enne a un braccio e a una gamba, così come emerse dall'esame autoptico. Attesa anche per la consulenza del medico legale, Piciocchi che dovrà rispondere anche al quesito integrativo formulato dal pubblico ministero, Paola Galdo, titolare dell'inchiesta aperta, subito dopo, dalla procura di Avellino. In particolare gli accertamenti irripetibili disposti dal pubblico ministero dovranno chiarire se i colpi d'arma da fuoco, che raggiunsero la vittima al gomito e alla gamba destra, contribuirono a provocare il sinistro mortale, oltre a dover stabilire con assoluta certezza le cause della morte dell'ex corriere di Mercogliano.
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