Coronavirus, il pasticcio di Avellino:
l'infermiera positiva rimessa al lavoro

Coronavirus, il pasticcio di Avellino: l'infermiera positiva rimessa al lavoro
di Gianni Colucci
Sabato 9 Maggio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 14:08
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Il caso del gene N scuote la provincia di Avellino. Un operatore sanitario del Moscati con una variante del Coronavirus, rimane al lavoro gettando ombre sinistre sull'ospedale cittadino. «Dopo i tamponi che lo davano con l'infezione addosso, è ancora in corsia?», chiede una signora che si tiene alla allarga dal padiglione Covid, piazzato in una palazzina della cittadella ospedaliera, spazzata da vento fresco e sole gagliardo.

Non sono bastate le rassicurazioni, lo svarione del laboratorio virologico (prima otto tamponi positivi, quindi la smentita disorientante: «ci siamo sbagliati, non sono positivi»), mette in crisi una certezza. O conferma qualche dubbio: l'ospedale sulla collina avellinese dei Cappuccini, è luminoso, è modernissimo ed attrezzatissimo, è immerso nel verde, ma sbaglia i tamponi. O almeno così sembra.

E quando ci azzecca, trovando un dipendente infetto, lo lascia al lavoro, perché non è esattamente Covid-19, è una variante indicata dal gene N. Roba da specialisti.

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Che l'Irpinia sia vissuta dallo stesso presidente della Regione Vincenzo De Luca un po' come la pecora nera della lotta al Covid non è un mistero. I due ospedali principali, quello di Avellino intitolato a San Giuseppe Moscati e quello di Ariano Irpino intitolato al santo locale Ottone Frangipane, sono stati spesso in sofferenza.

E lo testimonia anche il numero elevatissimo, superiore a quello di Caserta ad esempio, di contagiati rispetto alla popolazione residente. In Irpinia nemmeno 420mila persone, con 482 infetti, 54 decessi e circa 200 guariti. Ad Ariano Irpino, un paesone di ventimila anime, ci sono stati 186 infetti e 24 vittime.

Ieri il presidente ha fatto trapelare l'ipotesi che proprio ad Ariano c'è bisogno di un surplus di istruttoria dopo un mese quasi di zona rossa e una settimana di liberi tutti.

«Abbiamo un piccolo problema che dobbiamo ancora risolvere ad Ariano Irpino. Venerdì, dei 21 contagi che abbiamo avuto in regione, 12 erano nell'area di Ariano, che è stata una delle zone rosse in Campania e dove stiamo facendo migliaia di tamponi. Dobbiamo capire se sono residui di vecchi contagi o se sono casi nuovi. Vedremo in queste ore con gli epidemiologi di analizzare a uno a uno i 12 casi positivi, ci auguriamo di non dover prendere decisioni restrittive».

In serata l'Asl ha fatto sapere che «allo stato non si registrano focolai attivi nel comune di Ariano Irpino ma i casi verificatesi nelle ultime ore sono essenzialmente una coda di contatti di casi positivi».
 


Poche ore prima però era già scoppiata ad Avellino quest'ultima grana dei tamponi. Una batteria fatta a otto sanitari del Moscati che il 20 aprile aveva avuto un effetto da ko sul direttore generale Renato Pizzuti: tutti e otto infetti. Scattano i controlli, ben due tamponi eseguiti nuovamente questa volta dal Cotugno (i primi erano stati svolti dal laboratorio dell'azienda irpina) ed è colpo di scena: i medici e gli infermieri sono negativi. Ritornano in servizio e per Pizzuti è come bere acqua fresca nel deserto.

Passano soltanto pochi giorni e arriva la notizia che uno degli otto sanitari, invece, era ritenuto contagiato da una forma di Coronavirus, appunto quella evincibile dal gene N.

Luigi Atripaldi, direttore dell'Unità operativa di Microbiologia e Virologia dell'ospedale «Cotugno» di Napoli, è sicuro: «Il gene N appartiene anche ad altri Coronavirus, per cui la sua presenza da sola può essere legata a materiale genetico di altri virus o di virus non attivi, anche per precedenti e fugaci infezioni da virus che causano affezioni rino-faringee».

E aggiunge: «Il Ministero consiglia precauzionalmente di trattare come positivo chi ha solo il gene N, ma se si ha la possibilità di controllare, come è stato fatto, con 2 tamponi entrambi negativi più sierologia negativa, si può essere sicuri che il soggetto non è infetto». Insomma non hanno sbagliato ad Avellino. Cane non mangia cane, e dopo aver dichiarato quarantotto ore prima praticamente il contrario, il microbiologo sottoscrive una dichiarazione su carta intestata di un'azienda ospedaliera che non è la sua. Infatti, solo venerdì aveva spiegato che: «L'operatore sanitario ha contratto comunque un'infezione da Coronavirus. E anche se non specifica per il Covid-19, stando alla circolare del Ministero della Salute, deve essere trattato come fosse positivo al nuovo Coronavirus». Misteri della scienza. Ma questa volta al Moscati hanno fatto tesoro dell'esperienza: «È raccomandato - fanno sapere - per quanto riguarda le apparecchiature utilizzate per processare i tamponi, per ridurre il margine di dubbi interpretativi sugli esiti, di esaminare i campioni su piattaforme diverse».

E quindi ? «La Direzione Strategica del Moscati ha deciso di acquisire una seconda piattaforma, la cui consegna è prevista entro le prossime due settimane».
Ok, ora sì che va bene. 

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