Sono 102 i percettori di reddito di cittadinanza denunciati all'autorità giudiziaria in provincia di Avellino. Tra essi anche il boss del clan Cava, erede di Biagio, suo nipote diretto, Bernardo Cava, 50 anni residente a Mugnano del Cardinale.
Era stato scarcerato a dicembre del 2019, fratello di Antonio detto Ndo Ndo, e cugino di Biagio Cava. Era detenuto a Nuoro con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Dal 2008 era in carcere e dopo 11 anni era tornato in libertà in regime di sorveglianza speciale. Anche lui percepiva il reddito di cittadinanza. Anche a lui è stato sospeso il versamento dell'assegno dato che rientra tra i casi nei quali non è previsto il riconoscimento del reddito, come appunto una condanna passata in giudicato per 416 bis nel 2015. Due le procure che sono al lavoro per questo filone irpino di un'inchiesta che a livello regionale ha portato all'individuazione di 2806 abusivi del reddito di cittadinanza, dei quali 1824 sono stati denunciati (1094 italiani, il 60% e 730 stranieri, il 40%).
I carabinieri del comando provinciale di Avellino sotto la guida del colonnello Luigi Bramati hanno denunciato alle procure di Avellino e Benevento che operano per competenza territoriale sull'intera provincia, 102 percettori non aventi diritto tra i quali almeno tre brillano per la situazione nella quale si trovavano, nonostante avessero richiesto il sussidio.
In particolare, Cava che è ritenuto una punta di diamante del clan omonimo.
Per il centinaio di furbetti del reddito sono scattate denunce per reati che vanno dalla truffa ai danni dello Stato, favoreggiamento con dichiarazioni false del privato in atto pubblico, omessa denuncia di quanto dovuto e omessa comunicazione di informazioni variazione del reddito o del patrimonio.
Molto alto il numero di posizioni Inps verificate, oltre 21 mila per circa 10.113 nuclei familiari, in sostanza circa 14 mila percettori di reddito passati al setaccio. I controlli sui nuclei familiari sono stati approfonditi in 530 casi dai quali è risultato il deferimento dei cento beneficiari nella sola provincia di Avellino.
L'inchiesta non si ferma a coloro che beneficiavano dell'assegno ma anche su chi svolgeva attività istruttoria delle pratiche, dagli uffici anagrafe ai Caf all'attività di Agenzia delle entrate e Centri per l'Impiego.
«In sostanza il lavoro che stiamo svolgendo richiede ulteriori approfondimenti - dice il colonnello Bramati - I Comuni e i Caf che effettuano le dichiarazioni sostanzialmente veicolano le informazioni che arrivano dai cittadini che ritengono di essere nelle condizioni di indigenza. Poi siamo stati noi a fare verifiche ex post che ci hanno consentito di fare queste verifiche. Le migliaia di domande che hanno sommerso gli uffici evidentemente non erano tutte valutabili in tempo reale. Siamo poi intervenuti noi e con un lavoro durato sei mesi abbiamo ricostruito i comportamenti anomali. Continueremo la nostra attività con riferimento alle autorità giudiziarie di Benevento e Avellino che operano sul territorio della nostra Compagnia».