Libri trafugati, Zecchino in trincea:
«Ora non chiamatemi Dell'Utri»

Libri trafugati, Zecchino in trincea: «Ora non chiamatemi Dell'Utri»
di Gianni Colucci
Sabato 27 Aprile 2019, 08:00 - Ultimo agg. 15:46
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«Ora non definitemi un Dell'Utri», prova a scherzare l'ex ministro Ortensio Zecchino nella sua casa di Ariano Irpino, colma di oggetti d'arte, ceramiche arianese e libri, libri, tantissimi libri. «Pensi che avevo deciso di costruire un padiglione apposito all'esterno della mia abitazione per conservarli».

Presidente mica sarà un bibliomane?
«No, sono un bibliofilo. Non soggiaccio al feticismo della carta stampata»

Come mai ha quei libri in casa?
«Semplicemente perché sono i miei!».

Cioè?
«Per avere il riconoscimento di istituzione culturale il Centro studi normanni doveva dimostrare di avere a disposizione una biblioteca consistente e fruibile. Per un atto di generosità ho messo a disposizione i miei volumi alla Centro. Tutto qui».
 
Insomma non è un ricettatore.
«In sostanza quel materiale è tutto mio. L'avessi ricettato le pare che mettevo il catalogo su internet? Materiali raccolti presso antiquari per motivi di ricerca. Mi hanno consentito, negli anni, di rintracciare, ad esempio a Sidney, una copia di uno dei primi statuti di Federico II».

Come si possono consultare quei volumi?
«On line ci sono i frontespizi del fondo antico (800 volumi) e tutte le schede dei 10mila volumi. Pochissimi hanno però chiesto dei libri, se non importanti studiosi».

Vengono a casa sua?
«No, me li richiedono e io su prenotazione li consegno al Centro».

Anche le Costituzioni del 1533 di Federico II trovate dai carabinieri?
«Quelle sono mie e non c'è contestazione su quei volumi».

Su cosa invece viene ritenuto un ricettatore?
«Per libercoli di nessun conto, dato che i carabinieri hanno trovato delle incredibili coincidenze di titoli compatibili con le loro ricerche. Sa cosa le dico? Quella è monnezzaglia che io non comprerei. Infatti sono volumi isolati di opere complesse venute a me perché nel 1975 c'è stata una sciagurata divisione della grande biblioteca Vitale di Ariano Irpino di cui io sono erede per una quota infinitesimale attraverso mia madre».

Ci sono opere spaiate che dicono dovrebbero essere da un'altra parte...
«Sono opere che per puro caso sono coincidenti. Un paio di queste sono più rilevanti: ho le ricevute degli acquisti. Si tratta di una dozzina di libri di valore prossimo allo zero».

I titoli?
«Un tratto di teologia del 700 in dieci volumi: io ne ho due. E mi contestano che alla biblioteca ne manchino i due che coincidono con i miei. Ma io ho già messo on line i miei libri. Quindi nessun segreto».

Dove mancano i libri ritrovati da lei?
«Dalla biblioteca di Ariano Mancini, da una biblioteca di Afragola. Tutto è partito da un'indagine su una commerciante tedesca che vende a Porta Portese e ha comprato da un rigattiere di Ariano. Questi ha parlato di un collaboratore del Centro normanno e quindi anche mio. In realtà era il rigattiere che proponeva acquisti».

Dunque per alcuni di questi libri lei non ha il titolo di proprietà?
«La vicenda della biblioteca della famiglia Vitale finì con una specie di spoliazione che avvenne nel 1975 quando gli eredi tra le macerie di un palazzo ormai inagibile dopo due terremoti, si divisero quel che rimaneva del fondo librario»

E che accadde?
«Gli altri raccoglievano volumi con preziose rilegature, io trovai invece un Opusculum firmato Preclarissimi Beati Thomae Aquinanatis, era il De ente et essentia di San Tommaso, stampato in Venezia nel 1488: Ci ho scritto un racconto sul ritrovamento, l'ho mandato al pm».

Me lo ripete?
«Rimasi come immobilizzato, lentamente, con ogni cura possibile, infilai nel sacco l'incunabolo. Per proteggerlo, lo inserii tra due altri libri. Avevo il solo pensiero di mettere in salvo il bottino. Tenendo il sacco con la sinistra, con la destra simulai ancora qualche ricerca. Salutai infine e, con il cuore in gola, raggiunsi la mia 127. Ora i carabinieri mi chiedono conto della proprietà».
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