Sequestrati dieci milioni a Livia e Modestino Forte

Bloccati 116 beni immobili e 61 conti correnti, lady aste è accusata con il fratello di associazione camorristica

Il tribunale di Avellino
Il tribunale di Avellino
di Alessandra Montalbetti
Mercoledì 5 Luglio 2023, 09:38
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Sequestrati beni immobili, mobili e conti correnti per un valore di ben 10 milioni di euro a Livia Forte, la signora delle aste, e a suo fratello Modestino Forte considerati contigui al Nuovo Clan Partenio. Le operazioni di sequestro avviate dalle prime ore di ieri mattina si sono protratte fino a tarda sera. Gli uomini della Dia (direzione investigativa antimafia) di Napoli si sono spinti fin fuori regione per sequestrare i beni riconducibili ai due imputati e detenuti dal novembre del 2020 per il coinvolgimento nell'inchiesta Aste Ok. Sequestrati ben 116 beni immobili, 61 tra conti correnti e rapporti finanziari e 4 beni mobili riconducibili ai due Forte, ai loro familiari e alla società la "Lara Immobiliare srl" con sede a Roma.

La 61enne avellinese, denominata Lady Aste - per il suo interesse alle aste immobiliari svoltesi presso il tribunale di Avellino - è accusata insieme al fratello Modestino Forte di associazione a delinquere di stampo camorristico, associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti e tentata estorsione ed è imputata nel processo Aste OK.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso sulla base di una proposta di misura di prevenzione patrimoniale presentata congiuntamente dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e dal Direttore della DIA.

Gli accertamenti conclusi hanno documentato una complessa rete familiare che coinvolge personaggi di alto profilo criminale, che avrebbe favorito l'ascesa economica e delinquenziale dei due. Entrambi si sarebbero affermati all'interno del citato sodalizio mafioso avellinese e avrebbero gestito, dal 2016, il settore delle aste immobiliari, dirigendo tali attività verso gli interessi del clan.

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L'esito di questa operazione si inserisce all'interno delle attività istituzionali volte a contrastare il possesso illecito di patrimoni associati a contesti delinquenziali di tipo mafioso, agendo a tutela e salvaguardia della parte sana dell'economia nazionale. La confisca di questi beni permetterà di privare il Nuovo Clan Partenio di risorse finanziarie significative, limitando la loro capacità di influenzare il settore immobiliare e di perpetrare attività illegali. Allo stesso tempo, il sequestro invia un forte messaggio alle organizzazioni criminali, indicando che lo Stato italiano è determinato a combattere la criminalità e a proteggere l'economia legittima. Ora gli avvocati Alfonso Furgiuele e Roberto Saccomanno attendono che venga fissata l'udienza davanti al tribunale Misure di prevenzione di Napoli nella quale cercheranno di dimostrare la lecita provenienza dei beni oggetto di sequestro e l'assenza di pericolosità sociale dei due imputati nel processo Aste Ok in corso.

Intanto procede il processo parallelo sul Nuovo Clan Partenio, processo che ormai è alle battute finali in quanto hanno ultimato le loro discussione i legali degli imputati. Ora si attendono le repliche del pubblico ministero e la sentenza. Ieri hanno discusso ininterrottamente per dieci ore i difensori dell'imputato Pasquale Galdieri detto O'Milord (detenuto nel carcere di Sassari) gli avvocati Leopoldo Perone e Nicola Quatrano.

I due difensori hanno sostenuto che le accuse del pm a Pasquale Galdieri sono insussistenti. Hanno ricordato che Pasquale Galdieri coinvolto inizialmente nell'inchiesta che smantellò il clan Genovese operativo in Irpinia, fu assolto in primo e in secondo grado. Per l'ingiusta detenzione fu anche risarcito con circa 90mila euro. Per l'avvocato Perone «la fama criminale di Pasquale Galdieri si fonda solo su delle ipotesi, ma non c'è un solo dato oggettivo che possa confermare l'ipotesi accusatoria. Abbiamo selezionato centinaia di atti e non c'è mai stata la certezza della minaccia, la certezza dell'estorsione, la certezza del metodo mafioso». Ad avviso dell'avvocato Quatrano le accuse mosse nei confronti del loro assistito «si basano su delle supposizioni e voglio evidenziare l'assenza di prove concrete che avvalorino le affermazioni fatte nel corso dell'istruttoria dibattimentale. La verità processuale che dovete appurare non può essere frutto di interpretazioni».
 

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